La batteria termica della Chalmers University of Technology funziona. "Ora dobbiamo garantire che tutto sia progettato in modo ottimale", spiegano gli scienziati
Il nuovo alleato del riscaldamento invernale è una molecola sintetica
(Rinnovabili.it) – Si chiama MOST, acronimo di Molecular Solar Thermal Energy Storage, ed è una delle speranze della ricerca per l’accumulo a lungo termine del calore solare. Si tratta di speciali molecole in grado di comportarsi come una sorta di batteria termica grazie all’isomeria; la loro specialità consiste nel cambiare i legami (e di conseguenza le proprietà fisiche) in risposta agli stimoli luminosi, mantenendo però la stessa formula molecolare.
Il funzionamento è “semplice”: l’esposizione del composto alla luce del sole genera un fotoisomero ad alta energia e stabile, ossia in grado di rimanere a lungo in quella conformazione a temperatura ambiente. Quando si ha bisogno dell’energia, il fotoisomero può essere cataliticamente convertito al composto progenitore, rilasciando tale energia sotto forma di calore.
Sul concetto lavora da tempo anche la Chalmers University of Technology, in Svezia, che ha presentato nel 2017 la propria MOST al grande pubblico (ma le ricerche iniziano prima del 2012). Ad un anno di distanza gli scienziati hanno inanellato una serie di importati progressi, tali da trasformare la molecola in un sistema effettivamente funzionale per il riscaldamento invernale.
Il loro impianto funziona in modo circolare. Un fluido, contenente la molecola, cattura l’energia solare grazie all’impiego di collettori termici e viene immagazzinato a temperatura ambiente. Al momento del bisogno il liquido passa attraverso un catalizzatore che ritrasforma il MOST nel suo fotoisomero a bassa energia e contemporaneamente rilascia calore scaldando il liquido che può essere quindi utilizzato, ad esempio, negli impianti di riscaldamento domestico. Una volta fatto raffreddatosi, torna ai collettori solari.
In questo anno di ricerca il gruppo svedese ha sviluppato un nuovo catalizzatore per ottimizzare il controllo del rilascio di calore; questo agisce come un filtro attraverso il quale scorre il liquido, determinando un aumento di temperatura di circa 63 gradi Celsius. Durante lo stesso periodo, i ricercatori hanno anche imparato a migliorare il design della molecola per aumentare le sue capacità di stoccaggio in modo che l’isomero possa immagazzinare energia fino a 18 anni. “C’è ancora molto da fare: abbiamo appena messo a punto il sistema, ora dobbiamo garantire che tutto sia progettato in modo ottimale”, spiegano gli scienziati aggiungendo che l’obiettivo è di raggiungere a breve un aumento di temperatura di almeno 110 gradi Celsius portando la tecnologia in commercio entro 10 anni.