Il pacchetto di sussidi alle fonte fossili per chi estrae gas e petrolio in Italia ha sfiorato i 20 miliardi nel 2018
(Rinnovabili.it) – I sussidi italiani alle fonti fossili? Decisamente troppi e ancora senza una data di scadenza. La denuncia arriva stamane da Legambiente con la presentazione di un nuovo rapporto dedicato al mondo delle trivelle. Il documento fa il punto degli aiuti e leve fornite al settore degli idrocarburi nell’ultimo anno: un patrimonio di quasi 20 miliardi di euro arrivati a chi estrae gas e petrolio, in maniera diretta o indiretta. La voce fa parte di quel gruppo di sussidi ambientalmente dannosi individuato dallo stesso Ministero dell’ambiente e su cui la manovra finanziaria 2020 avrebbe dovuto calare la scure. Il condizionale è d’obbligo dal momento che dalla prima bozza al testo discusso in Parlamento, sono passate diverse modifiche che ne hanno sbiadito l’obiettivo.
Nel dettaglio Legambiente ha calcolato un pacchetto di rendite e privilegi destinati alle compagnie petrolifere – in ambito royalties e canoni – da 18,8 miliardi che si traducono in oltre 470 milioni di euro di mancate entrate per lo Stato, Regioni e Comuni. E senza avere un vero tornaconto in ambito energetico. Secondo il report, infatti, il gas nostrano, ha coperto, nel 2018, solo il 7,49 per cento della domanda complessiva di gas e solo il 2,6 per cento del consumo interno lordo. Quasi identiche le percentuali del petrolio prodotto nei territori e nei mari italiani (rispettivamente al 7,16 per cento e 2,46 per cento). “Dall’allarme dell’ONU-IPCC, lanciato in Corea del Sud a fine 2018, in cui venivano dichiarati 12 anni di tempo per cambiare rotta in termini di emissioni climalteranti, è passato ormai più di un anno, e nulla sembra essere cambiato in termini di azioni concrete per invertire la tendenza”, spiega Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente – Siamo convinti che non vi sia nessuna ragione ambientale, sociale o economica per non intervenire in tema di sussidi”.
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Nel rapporto l’associazione non mostra solo le attuali criticità in tema sussidi alle fonti fossili, ma offre anche delle soluzioni pratiche. A partire dalla richiesta di portare le royalties italiane almeno al 20 per cento. Una misura che se fosse già stata applicata nel 2018, avrebbe permesso al Paese, nel 2019, di ritrovarsi con un gettito di 442 milioni. Più del doppio di quello attuale.
Legambiente chiede anche trasparenza e chiarezza nei dati in merito alla deducibilità delle royalties. “Malgrado siano cosi basse e convenienti, – si legge nel documento – le compagnie petrolifere hanno anche la possibilità di dedurle dall’imponibile, fino ad un massimo del 3 per cento, riducendo così quanto arriva complessivamente nelle casse pubbliche”. Una questione paradossale su cui peraltro è difficilissimo trovare informazioni chiare e trasparenti. L’unico dato rintracciabile “sono i 340 mila euro del 2015 e nel 2014, per la sola Sicilia”.
Altra questione non del tutto risolta, anche se passasse la nuova proposta inserita nella Legge di Bilancio, è quella legata alle esenzioni del pagamento delle royalties, che come mette in evidenza il rapporto di Legambiente riguarda ancora una percentuale significativa di gas, pari al 13 per cento circa di quello estratto tra mare e terraferma.
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