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Supercondensatore solare, l’ultima novità per l’accumulo flessibile

Celle fotovoltaiche, grafene e un composito super efficiente: questa la ricetta del nuovo supercacitor flessibile creato dalla Università di Glasgow

Supercondensatore solare

 

Nei test di laboratorio, il supercondensatore solare è stato caricato e scarico 15.000 volte senza alcuna perdita di capacità

(Rinnovabili.it) – L’ultimo passo avanti nelle tecnologie di accumulo energetico arriva dal settore dei supercapacitor. Un team di ingegneri dell’Università di Glasgow è al lavoro su un innovativo supercondensatore solare, flessibile e ad alta densità energetica. Il lavoro, esposto in un articolo su Advanced Science, ha esplorato le potenzialità di storage del mix grafene – grafite con poliuretano. Nel dettaglio, il team ha realizzato un dispositivo ibrido che integra le funzionalità del fotovoltaico con quelle tipiche dell’accumulo elettrico.

 

Lo strato superiore del dispositivo è costituito da grafene, ‘super-materiale’ altamente flessibile, trasparente e spesso un solo atomo. La luce solare che lo attraversa viene utilizzata per generare energia attraverso uno strato di celle fotovoltaiche a film sottile posto immediatamente sotto. L’elettricità che non viene sfruttata subito, passa nel composito poliuretano grafite, materiale in grado di fornire un’area superficiale elettroattiva relativamente ampia mantenendo uno spessore incredibilmente sottile. L’eccellente superficie regala una tensione operativa di 2,25 V, lì dove supercapacitor simili, sviluppati in precedenza, riuscivano a erogare un volt o anche meno.

 

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Nei test di laboratorio, il supercondensatore solare è stato alimentato, scaricato e riacceso 15.000 volte senza alcuna perdita significativa nella capacità di immagazzinare l’energia che genera. “Questo è l’ultimo progresso raggiunto in una serie di successi che abbiamo registrato nella creazione di dispositivi flessibili basati su grafene che sono in grado di alimentarsi dalla luce del sole”, spiega il professor Ravinder Dahiya, professore di Elettronica e Nanoingegneria presso l’Università di Glasgow.

L’idea è di sfruttare questi sistemi per dare vita a una nuova generazione di dispositivi elettronici flessibili, incluse le protesi. “La nostra precedente generazione di pelle elettronica flessibile aveva bisogno di circa 20 nanowatt per centimetro quadrato per il suo funzionamento, un valore talmente basso che stiamo ottenendo energia in eccesso anche con le celle fotovoltaiche di più bassa qualità sul mercato. Esiste un enorme potenziale per i dispositivi come protesi, monitor sanitari indossabili e veicoli elettrici che incorporino questa tecnologia, e siamo desiderosi di continuare a perfezionare e migliorare le innovazioni che abbiamo realizzato già in questo campo”.