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ONU: batterie per auto elettriche, il problema delle materie prime

La Conferenza delle Nazioni Unite su Commercio e Sviluppo ha esaminato le diverse fasi della trasformazione da minerali / salamoie in prodotti a valore aggiunto e le implicazioni per i paesi produttori

batterie per auto elettriche
By Luca Galuzzi (Lucag), edit by Trialsanderrors – Photo taken by (Luca Galuzzi) * https://www.galuzzi.it, CC BY-SA 2.5, Link

Crescono le preoccupazioni sugli impatti negativi delle batterie per auto elettriche

(Rinnovabili.it) – La domanda di materie prime utilizzate per la produzione di batterie per auto elettriche è destinata a crescere rapidamente man mano che il petrolio perderà potere. Un aumento che potrà aprire nuove opportunità commerciali ma che, nel contempo, si trascina ancora diverse preoccupazioni in merito all’impatto ambientale e sociale. Il futuro, come spiega l’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite su Commercio e Sviluppo, sarà deciso dalla capacità o meno dei paesi chiave di evitarne gli effetti negativi. “Le batterie ricaricabili svolgeranno un ruolo significativo nella transizione globale verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio […] se le materie prime utilizzate nella loro produzione verranno acquistate e prodotte in modo sostenibile”, afferma l’UNCTAD.

Si tratta, tuttavia, di un percorso ad ostacoli. 

Il primo problema è prettamente geografico: le materie prime critiche per le batterie auto (e non solo) sono concentrate in poche regioni. Quasi il 50% delle fonti mondiali di cobalto, ad esempio, si trova nella Repubblica Democratica del Congo, il 58% del litio impiegato dal mercato mondiale proviene dal Cile. O ancora, l’80% delle riserve di grafite naturale si trovano in Cina, Brasile e Turchia, mentre il 75% delle riserve di manganese appartengono ad Australia, Brasile, Sudafrica e Ucraina. Come evidenziato nel nuovo report della Conferenza, questa produzione altamente concentrata e spesso suscettibile di interruzioni, solleva preoccupazioni sulla sicurezza dell’approvvigionamento.

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Secondo il documento, investire in tecnologie che dipendono meno da questi elemento critici potrebbe aiutare a ridurre la vulnerabilità dei consumatori, ma ridurrebbe i ricavi delle nazioni produttrici. Senza contare che la maggior parte del valore aggiunto viene oggi generato al di fuori di questi Paesi. Un caso eclatante è cobalto congolese: l’incremento del valore è legato alle operazioni di lavorazione e raffinazione effettuate negli impianti di Belgio, Cina, Finlandia, Norvegia e Zambia.

“L’aumento della domanda di materie prime strategiche utilizzate per fabbricare batterie per auto elettriche aprirà maggiori opportunità commerciali per i paesi che forniscono questi materiali” ha affermato Pamela Coke-Hamilton, direttrice internazionale dell’UNCTAD. “È importante che questi paesi sviluppino la loro capacità di crescere nella catena del valore”.

Ciò significa anche affrontare velocemente gli impatti ambientali e sociali di questa filiera. Basti pensare che circa il 20% del cobalto fornito dal Congo proviene da miniere artigianali in cui sono state segnalate violazioni dei diritti umani e lavoro minorile. E in Cile, l’estrazione del litio utilizza quasi il 65% dell’acqua nella regione del Salar de Atamaca, una delle aree desertiche più aride del mondo. Ciò ha causato l’esaurimento e l’inquinamento delle acque sotterranee, costringendo gli agricoltori e i pastori locali ad abbandonare le proprie terre. 

Una delle soluzioni onnicomprensive individuate dagli autori del report consiste nell’aumentare il tasso di di riciclo dei materiali; a partire ovviamente da una migliore progettazione delle batterie e sviluppando standard di riciclaggio ad alta efficienza collegati a uno schema di certificazioni.

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