Da un team di scienziati, coordinato dall’Università di Trieste, un nuovo materiale biomimetico e bifunzionale con cui realizzare le batterie "che respirano"
Nuovi progressi per le batterie metallo-aria
(Rinnovabili.it) – Possiedono una capacità specifica e una densità di energia superiore a quelle delle batterie agli ioni di litio, ma il mercato di massa è ancora lontano. Parliamo delle batterie metallo-aria, macro categoria di ricaricabili dotate di un anodo metallico e di un catodo a contatto con l’aria che “respira” ossigeno nei cicli di carica/scarica. Negli anni la ricerca di settore ha sfornato una serie di prodotti come le litio-aria, le zinco-aria o le potassio-aria. Innovazioni promettenti che, tuttavia, presentano a livello pratico una serie di complicazioni legate agli elettrodi, ai catalizzatori e agli elettroliti impiegati.
Nuovi passi avanti per migliorare le prestazioni delle celle elettrochimiche metallo-aria arrivano oggi da una ricerca italo-svedese. L’Università di Trieste ha coordinato uno studio dedicato alla sintesi di un nuovo materiale catalizzatore.
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Perché si tratta di un lavoro importante? Perché per rendere queste batterie veramente efficienti servono materiali particolari detti bifunzionali, ossia in grado di catalizzare reazioni chimiche opposte in fase di carica e scarica. E serve conoscerne bene il funzionamento. Il gruppo ha sintetizzato un catalizzatore bidimensionale copiando le caratteristiche fondamentali, a livello strutturale e funzionale, di sistemi biochimici presenti in Natura. Il risultato è un singolo atomo di cobalto su un monostrato di Co-porfirine cresciuto su un foglio di grafene.
Imitando Madre Natura
Sfruttando una combinazione di tecniche sperimentali e simulazioni teoriche, gli scienziati hanno osservato e descritto il “complesso chiave” della reazione di riduzione dell’ossigeno. E hanno svelato il ruolo dell’acqua in qualità di solvente che partecipa direttamente ed attivamente alla reazione chimica, governando il trasferimento di carica e di energia. “Si tratta – spiega l’Università di Trieste in una nota stampa – di uno studio fondamentale, eseguito in ambiente controllato e su materiali modello, ma che ha prodotto dei risultati che rappresentano un importante avanzamento nella comprensione dei meccanismi di strategica importanza per lo sviluppo tecnologico futuro di nuove famiglie di batterie ricaricabili. In particolare, i materiali metallorganici biomimetici risultano estremamente stabili da un punto di vista chimico e permettono potenzialmente l’embedding di una bifunzionalità (attività per la carica e scarica della batteria) in un unico materiale monofasico, anziché dover progettare materiali distinti per le due funzioni”.
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Il lavoro, pubblicato su ACS Catalysis (testo in inglese), è stato coordinato dal professor Vesselli, con il contributo dei professori.Silvio Modesti e Maria Peressi, e in collaborazione con il Politecnico di Milano e l’Università di Lund. Lo studio ha visto la collaborazione di quattro studenti di Dottorato in Fisica ed un ex studente della Laurea Magistrale Interateneo in Fisica dell’ateneo triestino (i primi 5 autori).