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Trasformare le mascherine usate in batterie economiche

Un team internazionali di scienziati ha sviluppato una nuova tecnologia per la produzione di batterie economiche dai rifiuti sanitari

batterie economiche
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  Nuove fonti di materie prime per produrre batterie economiche e ricaricabili

(Rinnovabili.it) – Con l’inizio della pandemia l’utilizzo di mascherine chirurgiche per la protezione personale è schizzato alle stelle. Nei primi mesi del 2020, quando la loro produzione era ancora ridotta, uno studio ha stimato che se ne impiegassero circa 130 miliardi ogni 30 giorni a livello mondiale. E come per tutti i prodotti usa e getta, maggiore è l’utilizzo, maggiore sarà il numero di rifiuti generato. Per gestirli in maniera corretta, la ricerca sta studiando innovative tecnologie di upcycling in grado di trasformare uno scarto, comune ma potenzialmente pericoloso, in nuovi prodotti.

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Si inserisce in questo filone anche il progetto condotto dall’Instituto Potosino de Investigación Científica y Tecnológica. Insieme al Centro de Investigación y de Estudios Avanzados e alla National University of Science and Technology “MISIS”, gli scienziati hanno messo a punto una tecnica per trasformare le mascherine usate in batterie economiche

Lo studio ha impiegato gli ultrasuoni per disinfettare i rifiuti. Quindi il team li ha immersi in un inchiostro a base di grafene, li ha compressi e riscaldati a 140 °C. Il processo permette di ottenere una sorta di “pellet” conduttivi in grado di funzionare come elettrodi di una batteria. Questi sono separati da uno strato isolante fatto di polimeri provenienti anch’essi da vecchie mascherine chirurgiche. Il tutto viene imbevuto di un elettrolita e infine ricoperto da un involucro protettivo costituito da un diverso tipo di rifiuto medico: i blister vuoti dei medicinali.

I ricercatori hanno spiegato di aver creato delle batterie economiche e sottili con una densità di energia di 99,7 Wh/kg, molto vicine ai valori della tecnologia a ioni di litio. Il dispositivo è stato anche migliorato con l’aggiunta agli elettrodi di nanoparticelle di perovskite inorganica. Il passaggio ha più che raddoppiato la densità energetica, portandola a un rispettabile 208 Wh/kg.

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La versione più performante della batteria conserva l’82% della sua capacità dopo 1.500 cicli e può fornire energia per più di 10 ore a una tensione fino a 0,54 V. In futuro, il team scientifico intende applicare la nuova tecnologia alla produzione di batterie per auto elettriche, centrali solari e altre applicazioni. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Energy Storage (testo in inglese).

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.