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Per l’accumulo di rete Sandia presenta la nuova batteria al sodio fuso

I nuovi dispositivi ai sali fusi realizzati dai ricercatori dei Sandia National Laboratories, funzionano a temperature più basse utilizzando materiali a basso costo

batteria al sodio fuso
Credits: Foto di Randy Montoya/Sandia National Laboratories

La nuova batteria al sodio fuso che non può prendere fuoco

(Rinnovabili.it) – L’accumulo di rete ha da oggi un nuovo alleato. Parliamo della batteria al sodio fuso realizzata dal Sandia National Laboratories, uno dei laboratori di ricerca del Dipartimento energetico statunitense. Le batterie al sodio fuso sono in realtà una vecchia conoscenza per il mondo dell’energy storage. Tuttavia quelle attualmente in commercio, chiamate batterie sodio-zolfo, funzionano a temperature comprese tra i 270-350°C.

Il team del Sandia cercava, invece, una soluzione “termicamente” più praticabile. “Abbiamo lavorato per ridurre la temperatura di esercizio delle batterie al sodio fuso al livello più basso possibile fisicamente”, ha affermato Leo Small, il ricercatore capo del progetto. Abbassando questo valore “si ottiene un intero risparmio a cascata sui costi. È possibile utilizzare materiali più economici. Le batterie richiedono meno isolamento e il cablaggio […] può essere molto più sottile”. Come spiegato nell’articolo su Cell Reports Physical Science, il team ha messo a punto una batteria al sodio fuso funzionate a soli 110°C. Il merito va ad una serie di innovazioni aggiunte alla struttura standard, a partire dal tipo di catolita impiegato. Il catolita è una miscela liquida di due sali, in questo caso ioduro di sodio e cloruro di gallio.

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Una nuova ricetta per l’accumulo a batterie

L’unità possiede sodio metallico liquido da un lato lato, un materiale separatore ceramico in mezzo e il catolita sull’altro lato. Quando la batteria scarica energia, avvengono reazioni chimiche che rilasciano elettroni e ioni sodio che passano attraverso il separatore altamente selettivo, producendo sale di ioduro fuso dall’altra parte. “A differenza delle batterie agli ioni di litio, nel nostro sistema tutto è liquido”, ha detto Spoerke. “Ciò significa che non dobbiamo affrontare problemi come complessi cambiamenti di fase o rotture. Inoltre non abbiamo una durata una durata limitata come molte altre batterie”.

Il sistema si è dimostrato in grado di funzionare a 110°C per un periodo test di otto mesi, durante i quali è stato caricato e scaricato più di 400 volte. Inoltre, funziona a 3,6 volt, valore che secondo gli scienziati è del 40% superiore a quello delle batterie a sale fuso oggi in commercio. Ciò potrebbe equivalere a versioni con meno celle e quindi una maggiore densità di energia.

Le batterie allo ioduro di sodio sono anche più sicure. “Una batteria agli ioni di litio prende fuoco quando si verifica un guasto interno, portando a un surriscaldamento incontrollato”, spiega Spoerke. “Abbiamo dimostrato che ciò non può accadere con la chimica della nostra batteria. Se danneggiassimo il separatore, lasciando che il sodio metallico si mescoli con i sali, non succederebbe nulla. Certo, la batteria smetterebbe di funzionare, ma senza scatenare una reazione chimica violenta o fiamme”.

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