Secondo un nuovo studio canadese il nastro polimerico che normalmente tiene insieme gli elettrodi tende a degradarsi creando molecole che portano all'autoscarica
(Rinnovabili.it) – Anche lasciando spento e inutilizzato il tuo smartphone, le sue batterie ricaricabili sono destinate a perdere energia. Come mai? Per via del fenomeno dell’autoscarica, una perdita graduale della carica causata da reazioni chimiche interne ancora non perfettamente chiare. Quello che si sa per certo è che il calore ha un ruolo preciso: all’aumentare delle temperature, le reazioni accelerano, rendendo più veloce il processo.
A fare luce sull’argomento è oggi Michael Metzger, un ricercatore della Dalhousie University, in Canada. In collaborazione con i colleghi del Dipartimento di Fisica e Scienze dell’Atmosfera, Metzger ha individuato un possibile responsabile del fenomeno e una soluzione.
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Il lavoro del team è partito da due tipi di batterie al litio: le LFP (con catodo in fosfato di ferro di litio) e le NMC 811 (con catodo composto all’80% da nichel, al 10% di manganese e al 10% di cobalto). Gli scienziati hanno aperto le relative celle elettrochimiche dopo averle esposte a differenti temperature e con sorpresa hanno notato alcuni cambiamenti di colore nella soluzione elettrolitica. Maggiore era la quantità di calore ricevuto, più il cambiamento era evidente passando dalla completa trasparenza a 25°C ad un marrone chiaro a 55°C, fino ad un rosso vivo raggiunti i 70°C.
Il passo successivo è stato pertanto analizzare la composizione chimica di tutte le sfumature dell’elettrolita. È allora che i ricercatori hanno scoperto la presenza di dimetil tereftalato, un composto generato dalla degradazione del polietilene tereftalato (PET), che si comporta come una molecola “redox shuffle” (navetta di ossidoriduzione): può viaggiare avanti e indietro tra gli elettrodi proprio come fa normalmente il litio determinando l’autoscarica della batterie.
Qual è l’origine del problema? Risponde lo stesso Metzger “Nelle celle delle batterie commerciali c’è del nastro [in PET], come uno scotch che tiene insieme gli elettrodi, e c’è una decomposizione chimica di questo nastro, che crea una molecola che porta all’autoscarica. È qualcosa che non ci saremmo mai aspettati perché nessuno osserva questi componenti inattivi, questi nastri e fogli di plastica nelle celle, ma deve davvero essere preso in considerazione se si vogliono limitare le reazioni collaterali”.
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I risultati della ricerca potrebbero aiutare l’industria e determinare una sostituzione del PET con un materiale più stabile che non si degradi con il calore. “È una scoperta rilevante dal punto di vista commerciale”, sottolinea lo scienziato. “Un piccolo passo avanti che tuttavia può aiutare a migliorare le celle della batteria”.