(Rinnovabilil.it) – Il Brasile, dopo aver spinto le rinnovabili fino a un mese fa, sta macchiando la sua reputazione. Il governo oggi mette all’asta contratti per progetti di produzione del gas naturale e centrali a carbone, invertendo una tendenza che lo aveva visto, fino a poco tempo fa, privilegiare le fonti rinnovabili. Il revival dell’energia tradizionale arriva in un momento già critico per il più grande Stato sudamericano, dato che l’Observatorio do Clima ha appena diffuso i dati sulle emissioni per il 2013 e i numeri non sono affatto incoraggianti. Infatti, dopo dieci anni di miglioramenti, il livello dei gas serra in atmosfera è tornato a crescere (+7.8%).
I primi nuovi impianti termici vedranno la luce fra 3 anni, avviando un processo di ritorno al fossile che il governo sembrava aver ripudiato in favore dell’eolico (incentivato dal 2009) e del fotovoltaico (per cui sono state varate politiche favorevoli quest’anno). A differenza l’asta tenutasi il mese scorso, quando per la prima volta un contratto federale è stato messo all’asta facendo concorrere soltanto produttori di impianti fotovoltaici, il governo stavolta ha deciso di inserire anche le compagnie fossili nella trattativa. Ciò significa che gli impianti a gas e carbone sfideranno i produttori di energia pulita. Siccome i costi di quest’ultima sono ancora leggermente più alti, è probabile che ad aggiudicarsi le licenze siano gli altri.
Gli impianti termici, più facili e rapidi da costruire rispetto a quelli eolici o idroelettrici, saranno utilizzati come “tappabuchi” per garantire l’approvvigionamento di energia a seguito della più grave siccità degli ultimi 80 anni. Il fenomeno ha prosciugato i bacini idrici artificiali che garantivano il rifornimento a intere metropoli (San Paolo è in pesante emergenza da qualche mese e adesso rischia il collasso), e producevano il 70% dell’energia brasiliana. Senza nuove forniture di energia, e se prosegue il periodo di estrema siccità, il Brasile può essere costretto a razionamenti già dall’inizio del 2015. È dunque sull’onda dell’emergenza che la nazione cerca di rifugiarsi nelle fonti fossili, senza guardare oltre il suo naso: l’aumento delle emissioni, infatti – è ormai un’equazione matematica – accresce la possibilità di eventi estremi perché favorisce il cambiamento climatico. Promuovendo impianti di energia fossile si può tappare la falla nell’immediato, ma al contempo si potenziano le cause dei fenomeni che affliggono il Paese.