Rinnovabili

I servizi pubblici hanno retto la vita sociale in piena emergenza Covid-19

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Foto di Jukka Niittymaa da Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – Servizi pubblici che hanno funzionato nell’emergenza sanitaria da coronavirus. E ora servizi pubblici al centro della ripresa del Paese. La pensa così il presidente dell’Arera (l’Autorità di regolazione energia, gas, acqua e rifiuti) Stefano Besseghini che – alla presentazione della relazione annuale alla Camera – parla dei “servizi di pubblica utilità” come quelli che “hanno garantito la continuità della vita sociale durante la fase di lockdown”, e che “sono e saranno il fulcro della ripresa delle attività produttive”. 

I prossimi compiti del Paese, su cui l’Authority è chiamata a vigilare per controllare l’efficienza dei servizi e a garantire un sistema di regole in grado di liberare risorse utili alla ripresa economica del Paese, riguardano “la realizzazione di nuove infrastrutture e la manutenzione di quelle esistenti, la continuità e qualità dei servizi energetici e ambientali, gli investimenti per lo sviluppo sostenibile e la riduzione del divario territoriale”.

La stato dell’arte al 2019 dei servizi pubblici – dall’energia al gas, dall’acqua ai rifiuti – del nostro Paese viene dipinto dall’Autorità di regolazione in un documento di 479 pagine, in cui si scatta la fotografia all’Italia dei servizi pubblici prima dell’emergenza sanitaria da Covid-19, e della grave crisi economica e sociale che ne è scaturita. Bollette elettriche in crescita in tutta Europa, che in Italia pesano qualcosa di più per via degli oneri di rete, aumento dei consumi di gas e prezzi italiani più alti della media Ue per i clienti domestici. Tinte chiaro scuro per l’acqua, e settore rifiuti da integrare.

In particolare per l’elettricità nel 2019 i consumi di energia elettrica a 301,4 TWh (Terawattora) registrano una lieve diminuzione del meno 1% (contro il più 0,5% del 2018), dovuta principalmente al calo nel settore agricolo e industriale (meno 2% ognuno), parzialmente compensati da quello domestico che crescono dell’1%. L’88% della domanda nazionale è stata soddisfatta dalla produzione interna che aumenta di circa l’1%. La produzione nazionale lorda si è mantenuta costante, da 289,7 TWh nel 2018 a 291,7 TWh nel 2019 (più 0,7%).

Le rinnovabili si mantengono costanti (più 0,4%) nonostante la contrazione dell’idroelettrico del 6,2% e del geotermico (meno 1,2%). Quasi dimezzata la produzione derivante dal carbone (meno 46,9%), compensata dall’aumento della produzione a gas naturale (più 11,4%) e quella derivante dai prodotti petroliferi (più 2,4%). Il gas ha assicurato quasi la metà, il 49,1% per la precisione, della produzione lorda.

Per l’acqua viene spiegato come si sia avviato un percorso di miglioramento della qualità del servizio idrico integrato. Quasi 12 miliardi di investimenti, ma perdite degli acquedotti che arrivano ancora al 43%. La spesa per investimenti, in termini assoluti, inclusa la disponibilità di fondi pubblici, ammonta a 11,9 miliardi di euro per il quadriennio 2016-2018 (2,2 miliardi nel 2016; 2,8 miliardi nel 2017; 3,5 e 3,4 miliardi di euro, rispettivamente, nelle annualità 2018 e 2019).

In base al campione di riferimento, per il 2019 la spesa media all’anno sostenuta da un’utenza domestica di una famiglia tipo (con consumo pari a 150 metri cubi) ammonta a 312 euro a livello nazionale (2,08 euro al metro cubo), con un valore più contenuto nel Nord-Ovest (244 euro, 1,62 euro al metro cubo) e più elevato nel Centro (389 euro, 2,59 euro al metro cubo). Il valore delle perdite idriche lineari (al 2016, gli ultimi dati) è in media pari a 24 metri cubi per chilometro al giorno; mentre il valore medio è pari al 43,7%; al Nord le perdite sono più contenute mentre al Centro e nel Sud e nelle Isole sono più alte, soprattutto nel Mezzogiorno si arriva alla dispersione della metà dell’acqua che viene immessa negli acquedotti. I soldi spesi per gli interventi di miglioramento sono in media del 25%; seguono gli investimenti per il miglioramento della depurazione al 19,6% e per l’adeguamento del sistema fognario al 14,1%.

Disomogeneità di trattamento e frammentazione (con oltre 6.500 operatori e 1.334 enti territoriali) per il mondo dei rifiuti dove si sta cercando, grazie al Metodo tariffario introdotto – secondo Besseghini è “innegabile che sarebbe utile un definitivo approdo normativo e giurisprudenziale sulla natura fiscale o tariffaria della Tari” – di portare trasparenza e costi standard dal momento che per esempio il conferimento nelle discariche passa da zone dove ha un valore di 9 euro a tonnellata a zone in cui raggiunge i 187 euro a tonnellata; stesso discorso per i 189 impianti censiti – 35 di incenerimento, 74 di smaltimento (discariche) e 80 di Trattamento meccanico-biologico – che vanno da un minimo di 66 euro a tonnellata a un massimo di 193 euro a tonnellata.

Del resto ci sarà un motivo se Besseghini ha ricordato che – nel pieno dell’emergenza da coronavirus – “se le attività di spazzamento e di raccolta dei rifiuti hanno potuto funzionare attraverso una riorganizzazione delle modalità operative, le attività di smaltimento e di riciclo hanno mostrato difficoltà legate a un settore fortemente interconnesso, con una carenza impiantistica conclamata e per il conferimento dei rifiuti dipendente da altri Paesi, non raggiungibili durante la fase di lockdown”.

In generale viene però riconosciuto che “tutti i servizi hanno funzionato con regolarità, garantendo, pur nell’eccezionalità della situazione, la continuità della fornitura dell’energia elettrica, del gas, del teleriscaldamento, dell’acqua e dei servizi di raccolta dei rifiuti”.

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