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Addio sabbie bituminose? La direttiva sui carburanti non è morta

Sabbie bituminose in bilico la direttiva sui carburanti non è morta

 

(Rinnovabili.it) – Forse c’è qualche speranza di tener fuori dall’Europa il petrolio da sabbie bituminose e i biocarburanti di prima generazione. La direttiva europea sulla qualità dei carburanti (FQD), infatti, non verrà cestinata. La notizia arriva al Guardian direttamente per bocca del vicepresidente della Commissione europea (nonché Commissario per l’Unione energetica), Maroš Šefčovič. E giunge quando ormai tutto sembrava compromesso, e l’Unione più che intenzionata ad aprire le braccia all’importazione dei combustibili fossili più inquinanti al mondo. Invece pare che alla fine del decennio il provvedimento non verrà stracciato.

Circa il 15% delle emissioni di carbonio in Europa proviene dal trasporto stradale, e piani ambiziosi per il taglio della CO2 sono attesi anche per il settore energetico e trasportistico: i dettagli si conosceranno quando l’Unione energetica renderà pubblico un blocco di proposte la prossima settimana.

La FQD è una piattaforma per azioni volte a tagliar fuori dal mercato europeo le sabbie bituminose, e a raggiungere un target del 10% di carburante per i trasporti proveniente da fonti low carbon (principalmente biofuels) entro il 2020. I trasporti sono l’unico settore europeo in cui le emissioni sono in continuo aumento, e la direttiva aveva il mandato di raggiungere una riduzione del 6% entro il 2020.

 

Addio sabbie bituminose La direttiva sui carburanti non è morta

 

Ma le misure specifiche adottate per raggiungere questo risultato, sono state oggetto di potenti pressioni di lobby, sia da parte delle compagnie di estrazione del petrolio da sabbie bituminose, sia direttamente dal governo del Canada, nazione dalla quale provengono la maggior parte di questi carburanti “sporchi”. Il Canada ha perfino minacciato ritorsioni commerciali se l’Unione europea avesse utilizzato pareri scientifici per scoraggiare le tar sands. Ma soprattutto aveva intenzione di rivalersi sul Vecchio continente se questo avesse imposto una tassazione più elevata sul combustibile, motivata dal suo maggior potere inquinante rispetto al petrolio convenzionale.

 

Altro problema derivava dalle strategie per raggiungere il tetto del 10% di biocarburanti nel mix energetico dei trasporti europei: se si fossero utilizzati i cosiddetti biofuel di prima generazione, questo avrebbe comportato deforestazione ed emissioni, con conseguente aumento del prezzo delle materie prime a causa del sacrificio di terreni agricoli in favore delle colture intensive.

«Quello che adesso è fondamentale – ha detto Friends Of the Earth, associazione che più si è battuta per il rinnovo della FQD – è un rinnovo che contenga un vero e proprio deterrente per le importazioni europee di carburanti dannosi per il clima.

In pratica si spera che venga applicata un’etichettatura rigida e chiara ai carburanti importati, in modo da stigmatizzare quelli provenienti dalle fonti più inquinanti. Proprio quello che le lobby hanno cercato – quasi riuscendoci – di evitare.

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