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Scalare le rinnovabili per sradicare la povertà

Scalare le rinnovabili per sradicare la povertà

 

(Rinnovabili.it) – Siamo stati abituati per anni a sentire la vecchia solfa del carbone come strumento di lotta contro la povertà energetica. Una tesi sostenuta strenuamente anche dopo la richiesta, da parte del consesso scientifico mondiale, di tagliare rapidamente le fonti fossili per evitare la catastrofe climatica e ingenti danni sanitari.

Quello che per molti sembra essere quasi un dogma è stato smentito a più riprese dalla stessa Agenzia Internazionale dell’Energia. Sull’argomento torna ora un nuovo studio redatto da una dozzina di organizzazioni che operano nell’ambito dello sviluppo e della lotta alla povertà. Secondo gli autori il tema in questione non permette confusioni: se si dovesse realizzare solo un terzo dei nuovi impianti a carbone in programma a livello mondiale, milioni e milioni di persone sarebbero condannate.

 

Il report sottolinea come il calo dei prezzi registrato nell’energia solare ed eolica significhi oggi che le energie rinnovabili sono ormai il modo più veloce, flessibile e meno costoso per portare l’elettricità a chi non ha mezzi. In particolar modo, i sistemi off-grid e distribuiti a base di fonti rinnovabili, in cui impianti su scala ridotta sono costruiti vicino alle zone di domanda, sono in grado di evitare gli elevati costi legati all’espansione della rete nazionale, costituendo il “modo più economico e veloce di raggiungere oltre due terzi della popolazione oggi senza elettricità”.

 

“Ci sono miti secondo cui noi stiamo cercando di ottenere benefici negando ai paesi in via di sviluppo la possibilità di crescere nel modo in cui abbiamo fatto noi”, afferma Sarah Wykes, capo analista sulle questioni del cambiamento climatico e dell’energia per CAFOD e tra gli autori del rapporto. “Ma c’è più bisogno di questi tipi di combustibili sporchi per lo sviluppo economico. Esistono alternative pulite molto migliori”.

 

A livello mondiale ci sono oltre 2.400 centrali a carbone in fase di costruzione o di progettazione. Due terzi di questi impianti sono in Cina e in India, paesi già alle prese con un numero crescente di vittime dell’inquinamento atmosferico. Costruire anche un terzo di quelle centrali  – spiegano gli autori – spingerebbe il mondo oltre l’obiettivo internazionale concordato a Parigi lo scorso dicembre, di contenere l’aumento delle temperature entro i 2 gradi Celsius. A sua volta questo metterebbe a rischio la nostra capacità fronteggiare e risolvere la povertà estrema in modo permanente.

 

In fondo l’equazione è semplice, come spiega Ilmi Granoff, ricercatore presso il Development Institute “Il carbone mina sia il clima che gli obiettivi di sviluppo, mentre l’energia pulita li sostiene”.

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