Un nuovo report mostra come le Nazioni più povere siano mercati molto più attrattivi per gli investimenti nelle rinnovabili
Per arrivare a questa classifica, il dossier ha analizzato la capacità in 55 Paesi di attrarre investimenti in energie pulite basati sulle politiche e i metodi di finanziamento correnti e futuri. Ne è venuto fuori che le “developing nations” mettono al muro le economie più solide quando si tratta di costruire green economy.
Vince la Cina, seguita a ruota dal Brasile. Sul podio anche il Sudafrica, poi India, Cile e Uruguay. Kenya, Messico, Indonesia e Uganda completano la top ten. Tutto grazie al fatto che la capacità energetica rinnovabile è in boom esponenziale nei mercati emergenti: cresce del 143 per cento contro l’84 per cento dei ricchi occidentali.
Perché? Prova a spiegarlo Ethan Zindler, analista di Bloomberg Energy Finance.
«Le energie pulite sono l’opzione più a basso costo in molti di questi Paesi. Inoltre queste tecnologie sono competitive già oggi. Non in futuro, ma già in questo momento».
Per anni si è pensato che solo le nazioni sviluppate avrebbero potuto godersi il lusso delle energie rinnovabili. Per il “Terzo mondo” non si immaginava altro che un futuro a combustibili fossili. Invece è patria delle risorse più straordinarie per quanto riguarda vento, sole, idroelettrico e biomasse.
Nelle nazioni in via di sviluppo, dove centinaia di milioni di persone sono ancora prive dell’accesso alle fonti di energia moderne, le rinnovabili come fonti di elettricità distribuite sono spesso la scelta migliore per espandere la rete tradizionale, basata su un sistema hub-and-spoke che non può essere capillare.
Senza contare che in alcuni Stati, come la Giamaica, eolico e fotovoltaico costano la metà rispetto ai combustibili fossili.