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Energia: i primi no da Strasburgo ai Progetti di interesse comune

Per la prima volta un quarto dei deputati europei si è opposto all’elenco di progetti su gas ed elettricità redatto dalla Commissione Europea. I no non bastano, ma sottolineano una frattura sempre più profonda

Progetti di interesse comune

 

Troppo gas nei Progetti di Interesse Comune, cresce l’opposizione

(Rinnovabili.it) – “177 deputati al Parlamento europeo contro il gas fossile! È un primo passo importante e un cartellino giallo per la Commissione Europea. Il gas non può più giocare nella lega dei combustibili puliti. # PCIlist”. Questo il tweet che l’europarlamentare spagnolo Xabier Benito Ziluaga (GUE/NGL) ha postato lo scorso 14 marzo, al termine della votazione su uno degli elementi più delicati della politica energetica comunitaria. Parliamo, come fa intendere lo stesso hashtag dei Progetti di Interesse Comune (Projects of common interest -PCIs), elenco di infrastrutture energetiche ritenute essenziali dalla Commissione Europea e per questo motivo facilitate sia livello burocratico che finanziario. Lo stesso, per intenderci, che contiene il tanto criticato TAP.

 

Per la prima volta dal 2013, un gruppo di deputati europei guidati da Benito Ziluaga e Michèle Rivasi, dei Verdi europei, si oppone a tale lista. Il motivo? Troppi gasdotti, terminali GNL e infrastrutture legate al gas naturale: progetti che secondo i deputati metterebbero a rischio i finanziamenti dedicati al comparto elettrico, aumentando invece la dipendenza europea dal gas estero, oltre a incidere negativamente su ambiente e clima.

Una posizione condivisa in questi mesi anche da diverse associazioni ambientaliste. A maggio del 2017, Friends of the Earth Europe ha pubblicato un rapporto in cui si metteva in luce la pressione delle lobby fossili nel processo decisionale dell’Unione. Una pressione che negli ultimi tre anni sarebbe valsa miliardo di euro di finanziamenti al gas proprio sotto l’etichetta di progetti di interesse comune (leggi anche La lobby del gas decide i progetti di interesse comunitario).

 

I PCI hanno accesso, infatti, a un totale di 5,35 miliardi di euro di finanziamenti dal Connecting Europe Facility (CEF), il fondo europeo per il potenziamento infrastrutturale. E non ci sono solo vantaggi economici: questi progetti, una volta selezionati, possono godere di una pianificazione accelerata, dalla concessione di autorizzazioni da un’unica autorità nazionale, migliori condizioni normative, minori costi amministrativi dovuti a processi di valutazione ambientale e maggiore visibilità per gli investitori.

 

Da regolamento, spetta solo all’esecutivo UE e all’Agenzia per la cooperazione dei regolatori nazionali dell’energia (ACER) valutare la conformità delle posposte e approvare i progetti di interesse comune. Parlamento e Consiglio hanno la facoltà di opporsi, ma solo alla lista nella sua interezza e non ai singoli progetti, né possono modificare l’elenco.

 

In passato l’approvazione dei PIC è stata praticamente automatica. Stavolta invece la Commissione parlamentare ITRE, di cui Benito Ziluaga è membro, ha sollevato una mozione contraria, ottenendo che la plenaria di Strasburgo si pronunciasse sulla lista. I no (un quarto degli europarlamentari) sono stati troppo risicati per fermare l’elenco ma hanno avuto il vantaggio di sottolineare la profonda spaccatura creatasi all’interno del corpo europeo.