L'offerta di combustibile fossile supera di gran lunga la domanda, con la crisi di stoccaggio che non aiuta a far rialzare i prezzi. Ma se USA e Opec plus tremano, Cina e India fanno scorta.
Il benchmark del prezzo del petrolio americano per i contratti di maggio segna un crollo di -30 dollari al barile
(Rinnovabili.it) – Il prezzo di riferimento del greggio statunitense è andato in negativo per la prima volta nella storia, precipitando sotto gli zero dollari al barile. Nello specifico, il costo del West Texas Intermediate (WTI), un tipo di petrolio usato come benchmark o punto di riferimento per il prezzo del petrolio americano, è sceso di -30 dollari con l’avvicinarsi della scadenza del contratto di maggio. Il crollo, infatti, riguarda solo il prezzo del prossimo mese (contratti futures), ed è principalmente dovuto all’eccesso di offerta sul mercato petrolifero statunitense.
Infatti, secondo le previsioni di S&P Global Platts (società di valutazione dei prezzi di riferimento delle materie prime), i serbatoi di stoccaggio potrebbero raggiungere i loro limiti già entro le prossime tre settimane. Lo storage è quindi un fattore chiave per comprendere il crollo del prezzo del petrolio americano, visto che gli acquirenti rischiano di dover pagare di più per trovare soluzioni di stoccaggio alternative.
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Il prezzo di un barile di greggio varia in base a fattori quali offerta, domanda e qualità. Nell’ultimo mese, l’offerta di carburante è stata di gran lunga superiore alla domanda, poiché il coronavirus ha costretto al blocco di molte attività. A causa dell’eccesso di offerta, i serbatoi di stoccaggio stanno diventando così pieni che è difficile trovare spazio. La scorsa settimana, ad esempio, l’US Energy Information Administration ha dichiarato che lo stoccaggio a Cushing, in Oklahoma, il cuore della rete di condutture degli Stati Uniti e delivery point del WTI, era pieno per il 72% al 10 aprile.
Ma non solo, il crollo del prezzo del petrolio americano è anche dovuto al modo in cui il combustibile fossile viene scambiato sul mercato. I contratti, infatti, vengono rivisti ogni mese e quello di maggio scade proprio oggi (21 aprile). Gli investitori in possesso di contratti di maggio, però, non volevano “prendere in consegna” il petrolio per non dover sostenere i costi degli spazi di stoccaggio (aumentati perché difficili di trovare). Il risultato? Alla fine, i produttori hanno dovuto pagare per vendere il petrolio. Da qui, il costo di -30 dollari al barile.
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Dal punto di vista dei consumatori, però, il crollo dei prezzi dei futures di maggio non si traduce in un crollo dei prezzi alla pompa di benzina. Tuttavia, secondo l’analista di Oil Price Information Services, Tom Kloza, è possibile che le famiglie americane “vedranno i prezzi della benzina e i prezzi del diesel scendere durante il mese di maggio”, prevedendo un risparmio di 150-175 dollari.
Nel frattempo, c’è preoccupazione anche per il contratto di giugno, in cui il prezzo del petrolio americano ha già subito un calo del 18,4% (pari a 20,43 dollari al barile). Questo è comprensibile se si considera che lo stress fisico dovuto al riempimento degli spazi di stoccaggio non si rivolverà presto, costringendo a molti più arresti della produzione di quanto i produttori si possano augurare. L’unica speranza, dal loro punto di vista, è che la domanda di petrolio torni a crescere durante la prima metà di maggio, così che il contratto di giugno non debba affrontare lo stesso destino di quello del mese precedente. Tuttavia, anche se la domanda tornasse ai livelli pre-crisi, ci vorrebbe molto tempo per consumare tutto quel greggio immagazzinato.
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Dopo il crollo del prezzo del petrolio americano, il presidente Donald Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti avrebbero cercato di acquistare fino a 75 milioni di barili di petrolio per rifornire le riserve strategiche nazionali. La riserva petrolifera strategica si trova in quattro località vicino al Golfo del Messico ed è stata originariamente creata per proteggere gli Stati Uniti dalla carenza di petrolio. La riserva può immagazzinare fino a 727 milioni di barili.
Ma il problema del brusco calo del prezzo potrebbe non essere solo americano. La crisi dello stoccaggio, infatti, riguarda anche altre superpotenze produttrici. E se, da una parte, USA e i paesi dell’OPEC plus potrebbero trovarsi in forte difficoltà, dall’altra questa situazione fornisce un’opportunità per le grandi nazioni consumatrici come Cina e India, che stanno accelerando il riempimento delle loro riserve di petrolio approfittando dei prezzi stracciati.