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UE: Il prezzo del carbonio velocizza l’abbandono del carbone

prezzo del carbonio

In due anni il prezzo del carbonio europeo è passato da 8 a 25 euro

(Rinnovabili.it) – La riforma dell’ETS, il mercato europeo della CO2, sembra aver colpito nel segno. L’aumento del prezzo del carbonio sta aiutando a velocizzare il pensionamento delle centrali a carbone, al punto che, nel 2030, la Germania potrebbe essere l’unica nazione dell’Europa occidentale a farne ancora uso.

Il valore delle quote di CO2 è aumentato di quasi cinque volte negli ultimi anni, rendendo antieconomiche molte centrali termoelettriche del Vecchio Continente. Per la precisione si è passati da 3 a 8 euro per tonnellata nel periodo dal 2012 al 2017, per far schizzare – dopo la riforma – il prezzo del carbonio a ben 25 euro.

Il sistema di scambio delle emissioni non è ovviamente il solo fattore in gioco. Come sottolinea Peter Osbaldstone, direttore ricerca per l’Europa di Wood Mackenzie Power & Renewables, a premere sul phaseout del combustibile sono oggi condizioni di mercato che favoriscono nettamente gas e fonti rinnovabili.

 

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I primi effetti di questa tendenza “anti carbone” si sono già fatti sentire. Il settore elettrico del Regno Unito, ad esempio, ha fatto parlare di sé all’inizio di maggio per aver funzionato per ben 15 giorni senza il combustibile fossile: un record unico che per gli esperti è destinato a divenire Preto la norma. Durante le due settimane, il gas ha coperto quasi il 40% della fornitura elettrica, il nucleare il 20% nucleare, il 13% l’eolico e altre fonti rinnovabili hanno costituito il resto.

Destino simile per la rete irlandese che ha operato senza carbone dall’11 aprile al 7 maggio di quest’anno, per un totale di 25 giorni, a causa delle “pressioni derivanti dalla produzione eolica e dal gas competitivo”, ha sottolineato Osbaldstone. Nel periodo in questione, infatti, il metano ha costituito il 60% del mix elettrico, mentre le energie rinnovabili hanno coperto fino al 30%. 

 

In realtà il carbone sta perdendo colpi anche in Germania. Con la crescita della produzione eolica e fotovoltaica nel mercato tedesco, lo spazio disponibile per le fossili è sotto pressione, ha affermato Osbaldstone. “Persino gli impianti nella fascia più alta della gamma di efficienza stanno guadagnando meno del previsto”, ha sottolineato l’analista.

E il Centro aerospaziale tedesco sta già studiando se e come gli attuali impianti termoelettrici a carbone possano essere riconvertiti in sistemi per l’accumulo di energia termica.

 

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L’unico faro luminoso per il settore rimane la Polonia. La nazione ha da poco aperto il programma energetico a nucleare ed eolico ma ha anche fatto saper che non abbandonerà il combustibile così facilmente. E per sottolineare la fermezza dell’intenzione, l’azienda polacca pubblica Polska Grupa Energetyczna (PGE), ha annunciato che aprirà la miniera di lignite a cielo aperto più profonda del Paese per continuare ad alimentare Bełchatów, quella che oggi è la centrale elettrica più inquinante d’Europa.

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