Eolico offshore e phase out accelerato dei veicoli fossili le misure di bandiera. Insieme a idrogeno (ma non verde), CCS e finanza verde. Il piano vale 12 miliardi di sterline
Il premier Johnson ha annunciato nella notte il piano nazionale per la ripresa verde
(Rinnovabili.it) – La ricetta per la ripresa verde della Londra post-Brexit e post-Covid? Un mix di idrogeno, tecnologia per la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS), decarbonizzazione accelerata dei trasporti e tanto eolico. Ma nel pacchetto da 12 miliardi di sterline annunciato dal premier britannico Boris Johnson ieri sera c’è anche molto nucleare (impianti tradizionali e mini reattori). E non è sempre chiaro da dove dovrebbe arrivare il denaro. Tanto che i critici accusano l’inquilino di Downing street di fare il gioco delle tre carte e spacciare per nuovi investimenti del denaro già stanziato in precedenza.
La Gran Bretagna continua a puntare sull’energia dal vento, soprattutto offshore. Nel piano per la ripresa verde è uno dei pilastri portanti. Londra vuole portare la capacità installata di eolico a 40GW entro il 2030. Abbastanza per soddisfare il fabbisogno di tutte le case inglesi, e creare 60mila nuovi posti di lavoro. Ma l’industria non condivide l’ottimismo di Johnson. Londra dipende molto dall’import per gran parte dei componenti necessari, quindi il lavoro viene sì creato ma fuori dai confini nazionali. E non c’è traccia di misure per rafforzare la filiera britannica.
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Sul capitolo idrogeno, Johnson punta a ottenere al 2030 almeno 5GW di capacità installata. Ma si parla di idrogeno ‘a basse emissioni’, quindi non necessariamente verde ovvero prodotto con l’uso esclusivo di fonti rinnovabili. Il piano quindi sembra tendere la mano più che altro alla ricerca e sviluppo su tecnologie CCS (per l’idrogeno blu), con una strizzata d’occhio alle compagnie fossili che possono quindi continuare a estrarre idrocarburi senza accelerare davvero il processo di riconversione.
Abbastanza arditi sembrano poi i disegni del premier sul nucleare. L’espansione non può avvenire a breve. Per i reattori standard, solo Hinkley Point è in costruzione ed è gravato da ritardi infiniti e da costi che non smettono di lievitare. Hitachi ha abbandonato di recente un altro progetto di centrale nucleare nel paese. Quanto ai mini reattori nucleari, al momento sono solo su carta. Rolls Royce ne detiene il brevetto ma il salto verso la produzione vera e propria è ancora lungo. Insieme, nucleare idrogeno e CCS riceveranno investimenti per 1,2 miliardi di sterline.
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Le ambizioni maggiori la Gran Bretagna le rivela in tema di mobilità sostenibile. Dal 2030 (obiettivo anticipato di 10 anni) Londra vieterà le nuove auto e i furgoni a diesel e benzina. I modelli ibridi potranno essere venduti fino al 2035. In parallelo ha annunciato investimenti per ampliare l’infrastruttura di ricarica per EV e incentivi per l’acquisto di auto elettriche. Il documento di Johnson tratteggia anche investimenti per decarbonizzare il trasporto pubblico ma senza dettagli.
Sul fronte del’efficienza energetica, Johnson deve fare i conti con un patrimonio immobiliare in condizioni pessime. In arrivo 1 mld di sterline sono nel 2021 per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici. Oltre a ciò, il governo mira a piazzare almeno 600mila pompe di calore l’anno fino al 2028. Qui però Johnson pecca di chiarezza, visto che non si capisce quanto questo annuncio si sovrapponga con il Green Homes Grant introdotto a settembre (e valido fino a marzo 2021) proprio per incentivare l’efficientamento con 3 miliardi di sterline.
Tra le altre misure presentate nel piano, più investimenti alla ricerca sull’abbattimento delle emissioni dell’aviazione e del comparto navale, la protezione di habitat a rischio e la riforestazione di 30mila ettari l’anno, e fare della City di Londra, colpita dal doppio shock della Brexit e del Covid-19, il centro mondiale della finanza verde.