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Rinnovabili e aree idonee, quali prerogative alle Regioni?

Il d.lgs. di recepimento della direttiva europea RED II affronta anche il difficile tema dell'individuazione delle aree idonee ad ospitare impianti alimentati da fonti rinnovabili. Ecco cosa prevede

rinnovabili aree idonee
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di Giorgia Barbieri 

(Rinnovabili.it) – E’ in procinto di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo di recepimento della Direttiva dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili n. 2001: ed infatti l’8 novembre il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva lo schema di decreto definendo gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi ed il quadro istituzionale per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030 il cui originario schema era stato licenziato i primi del mese di agosto 2021.

Lo schema di decreto introduce inoltre le disposizioni per l’attuazione delle misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in materia di energia da fonti rinnovabili, con la finalità di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati (cumulabilità tra le diverse forme di incentivo), già orientati all’aggiornamento degli obiettivi nazionali fissati dal Regolamento (UE) n. 2021/1119 (Normativa europea sul Clima) che ha stabilito un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, a livello UE, di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990, entro il 2030.

Il decreto è stato redatto in coerenza con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) e il suo scopo è di “accelerare la transizione dai combustibili tradizionali alle fonti rinnovabili … con un approccio che mira al contenimento del consumo di suolo e dell’impatto paesaggistico e ambientale, comprese le esigenze di qualità dell’aria“.

Molto peso verrà dato anche alla semplificazione delle procedure autorizzative ed a specifici incentivi, con l’intento di agevolare molto l’iter di accesso e fornendo maggiori certezze agli operatori del settore, attraverso programmazioni quinquennali: nella bozza di decreto sono previste, infatti, aste al ribasso per gli impianti superiori ad 1 MW e richiesta diretta per impianti di piccola taglia pari o inferiori a 1 MW. Gli impianti di piccola taglia o con costi di mercato elevati, saranno, invece, incentivati tramite bandi; per quanto riguarda la produzione di energia elettrica per impianti fino ad 1 MW è prevista una continuità rispetto all’attuale impostazione dei regimi di incentivazione definiti dal d.lgs. n. 28/2011 che rimane in vigore.

Menzione a parte merita un tema molto caro alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano, ovvero quello legato alla individuazione delle aree idonee ad ospitare impianti alimentati da FER ai fini del raggiungimento del target europei. Già prima dell’avvio dell’iter volto al recepimento della Direttiva RED II (al quale le Regioni hanno attivamente preso parte, apportando importanti contributi), presso l’ex Ministero dello Sviluppo Economico (prima cioè della transizione di parte delle sue Direzioni Generali presso il nuovo neo istituito Ministero della Transizione Ecologicaai sensi del DL n. 22/2021) ed al fine di dare attuazione alle previsioni recate dall’art. 50 co. 1 del DL n. 76/2020 (conv. in Legge n. 120/2020) era in corso un tavolo tecnico finalizzato alla individuazione delle aree idonee rispetto al quale le Regioni avrebbero dovuto concorrere a:

  1. costituire una banca dati dedicata al tema delle aree idonee per condivisione e consultazione dei dati utili a programmare le installazioni sul proprio territorio (banca dati da approvare in Conferenza Unificata Stato-Regioni);
  2. standardizzare la definizione di area idonea;
  3. semplificare le procedure autorizzatorie in materia di autorizzazione impianti FER.

Tale tavolo tecnico aveva dunque il compito di profilare, per ciascun ambito territoriale regionale, taluni questionari già predisposti dal citato Dicastero distinti in tipologie di aree (aree dismesse, agricole, marine, produttive, ecc.), con un serie di spazi dedicati ad apporre dati quali-quantitativi rispetto alle singole peculiarità regionali.

Successivamente alla costituzione del citato tavolo è entrata in vigore la Legge 22 aprile 2021, n. 53 recante “Delega al governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’unione europea” (la cd. legge di delegazione europea), che, all’art. 5, ha disposto quanto segue:

Nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge n. 234 del 2012, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

a) prevedere, previa intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), una disciplina per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, nonché delle specifiche competenze dei Ministeri per i beni e le attività culturali e per il turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e aree non utilizzabili per altri scopi, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domandaelettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete  stessa. A tal fine sono osservati, in particolare, i seguenti indirizzi:

1) la disciplina è volta a definire criteri per l’individuazione di aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. A tal fine, la disciplina reca inoltre criteri per la ripartizione fra regioni e province autonome e prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso che risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti preesistenti, rispetto a quelli definiti dalla presente lettera;

2) il processo programmatorio di individuazione delle aree idonee è effettuato da ciascuna regione o provincia autonoma in attuazione della disciplina di cui al numero 1) entro sei mesi. Nel caso di mancata adozione, è prevista l’applicazione dell’articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234;

b) prevedere che, nell’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili di cui alla lettera a), siano rispettati i principi della minimizzazione degli impatti sull’ambiente, sul territorio e sul paesaggio, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilità dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo;

c) individuare procedure abilitative semplificate, proporzionate alla tipologia di interventi e alla loro localizzazione, secondo un principio di sussidiarietà verticale, per l’installazione degli impianti nelle aree e nei siti individuati ai sensi delle lettere a) e q), riducendo altresì i termini dei procedimenti autorizzativi e per l’assegnazione di incentivi e razionalizzandoli rispetto ai termini dei procedimenti per la connessione alla rete elettrica;

d) individuare procedure abilitative semplificate per gli interventi, diversi dalla mera sostituzione di componenti principali che non è sottoposta ad alcuna autorizzazione, di rifacimento totale e parziale, riattivazione, integrale ricostruzione e potenziamento di impianti a fonti rinnovabili già esistenti, razionalizzando altresì i termini dei procedimenti autorizzativi e per l’assegnazione di incentivi;”.

Dando attuazione a tale legge delega dunque il Governo ha ricevuto formale delega ai fini della predisposizione dello schema di decreto delegato dall’esame odierno del quale – ove fosse confermata la sua versione non appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale – si evince che:

1. entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. con regolamento del MITE (previa intesa in Conferenza Unificata) si provvederà a stabilire le modalità per presentare le istanze per FER tramite i SUAP e SU edilizia;

2. entro ulteriori 180 giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. con uno o più decreti adottati d’intesa tra MITE, Ministero della Cultura e Ministero dell’Agricoltura (previa intesa in Conferenza Unificata) verranno adottati i criteri ed i principi per individuare le superfici idonee e non idonee per le FER per una potenza pari a quella individuata dal PNIEC per raggiungere gli obiettivi di sviluppo delle FER:

  • tali decreti detteranno i criteri per individuare le aree idonee ad installare eolico e fotovoltaico fissando (per ogni area) la massima densità di potenza installabile per unità di superficie;
  • tali decreti indicheranno le modalità per individuare superfici, aree dismesse e compromesse e/o abbandonate idonee per installare impianti FER;
  • tali decreti indicheranno anche la ripartizione della potenza installata tra Regioni e Province, prevedendo sistemi di monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti;

3. entro ulteriori 180 giorni dalla data di adozione dei citati decreti e, conformemente a questi ultimi, le Regioni e le Province dovranno individuare con legge le aree idonee, pena l’attivazione dei poteri sostitutivi a mente della Legge n. 234/2012;

4. fino alla adozione dei decreti attuativi saranno considerate idonee le aree:

  • dove sono già installati impianti della stessa fonte ed in cui sono realizzati interventi di modifica non sostanziale ai sensi dell’art. 5 co. 3 del d.lgs. n. 28/2011;
  • le aree ed i siti oggetto di bonifica individuate ai sensi dell’art. 242-ter del TUA.

Tanto premesso in punto di ricostruzione normativa, sorge legittimo un dubbio circa l’efficacia della disposizione che sta per entrare in vigore rispetto ai fini semplificatori ed acceleratori perseguiti tanto dal legislatore europeo quanto da quello nazionale: il dubbio è insorto avendo riguardo alla definizione che rinviene dallo schema di decreto circa le aree idonee, liddove le stesse sono definite come aree con “un elevato potenziale atto ad ospitare l’installazione di impianti di produzione di elettrica da fonte rinnovabile, anche all’eventuale ricorrere di determinate condizioni tecnico-localizzative;” [cfr. art. 2 comma 2, lettera ww)].

Tale definizione è speculare a quella che si legge nel DM 10 settembre 2010 nel quale le aree non idonee vengono testualmente definite come aree nelle quali vi è “una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione” (par. 17.1).

Alla stregua della definizione impressa dal legislatore, è immaginabile dunque supporre che, in sede applicativa dei criteri che saranno codificati dal legislatore, la qualifica di area idonea parimenti non potrà mai condurre ipso iure ad una valutazione favorevole, atteso che sarà comunque necessario “processare” la relativa istanza corredandola di tutto l’impianto motivazionale idoneo a giustificare una scelta di accoglimento della domanda piuttosto che di rigetto.

Tale presupposto, se da un lato assolve all’esigenza di evitare la proposizione delle istanze in aree ritenute non idonee dalle medesime Regioni e/o Province autonome ospitanti (conformemente dunque al principio di leale collaborazione tra differenti livelli di Governo), dall’altro, però, non coglie nel segno rispetto alla ricercata esigenza acceleratoria del procedimento in quanto postulerà in ogni caso l’esperimento di tutte le scansioni procedimentali cristallizzate dalle relative normative di settore in materia di paesaggio, ambiente, urbanistica, ecc..

Tale constatazione, pertanto, fa propendere per ritenere che la nuova disciplina varata dal legislatore, quanto meno sotto il profilo strettamente procedimentale, stenti ad essere il volano per accelerare la realizzazione degli interventi volti all’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili (anche perché non sono contemplate previsioni di esonero dalle procedure ambientali che sono il vero “collo di bottiglia”) ma pare che, per lo più, assolva all’esigenza – molto avvertita soprattutto in talune Regioni – di ridurre al minimo quegli spazi di dissidio che hanno connotato in passato il rapporto tra livelli di Governo proprio in riferimento al tema delle FER, essendo di fatto stato delegato alle Regioni ed alle Province il compito di individuare (sulla base di criteri cornice delineati dallo Stato) quelle porzioni di territorio più idonee ad ospitare tale tipologia di impianti.