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Fuori il gas dai progetti energetici di interesse comune: 4 ong denunciano l’UE

L’UE ha 22 settimane per dimostrare che 13 miliardi di progetti legati al gas, che beneficiano di procedure semplificate e più rapide, rispettano le leggi UE sul clima. Altrimenti, il caso aperto da ClientEarth, Friends of the Earth, Food & Water Action Europe e CEE Bankwatch Network finirà alla Corte di giustizia europea

Gas dall’Algeria: in arrivo 9 miliardi di m3 in più
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A gennaio approvata la 5° lista dei progetti energetici di interesse comune

(Rinnovabili.it) – L’Europa deve cancellare tutte le corsie preferenziali per i grandi progetti fossili sul gas, oppure spiegare con dovizia di dettagli perché non impattano negativamente su ambiente e clima. Lo chiedono 4 ong con un’azione legale che potrebbe bloccare 13 miliardi di euro di lavori, inseriti da Bruxelles nella lista dei Projects of Common Interest (PCI) cioè i progetti energetici di interesse comune.

L’accusa? Questi progetti sono in contrasto con le leggi europee sul clima e hanno avuto luce verde solo perché l’Europa non ha tenuto conto dell’impatto delle emissioni di metano che ne deriverebbero.

“La Commissione non ha preso in considerazione l’impatto delle emissioni di metano derivanti dai progetti di infrastrutture per il gas, nonostante le prove che queste sono sostanziali. Questo è illegale, in quanto è in diretto contrasto con le leggi sul clima dell’UE e con i suoi obblighi legali nell’ambito dell’accordo di Parigi”, spiega Guillermo Ramo, avvocato che lavora per ClientEarth.

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All’inizio di gennaio l’UE ha ufficialmente approvato la quinta lista PCI, all’interno della quale sono presenti diversi progetti energetici di interesse comune legati alo sviluppo delle infrastrutture del gas. Nonostante la riforma dei criteri per le liste PCI renda inammissibili progetti totalmente legati al gas e altre fossili, sono accettati in deroga quelle opere ritenute essenziali per garantire la sicurezza energetica dell’Unione.

Di che progetti stiamo parlando? Il più discusso è l’EastMed, il gasdotto che dovrebbe collegare Cipro e i giacimenti del Mediterraneo orientale con l’Europa continentale. Preso in ostaggio dalle dispute fra Turchia e paesi vicini e di recente scaricato anche dagli Stati Uniti, il progetto potrebbe non vedere mai la luce. Ma come tutti gli altri in lista PCI, beneficerebbe di procedure semplificate per la valutazione dell’impatto ambientale e per l’iter autorizzativo in generale. Oltre all’EastMed, la 5° lista include diverse opere che riguardano l’Italia. Tra cui il Melita Transgas, un metanodotto on- e offshore che realizzerebbe l’interconnessione tra il Belpaese e Malta e il gasdotto Poseidon tra Puglia e Grecia, che sarebbe l’ultimo tratto dell’EastMed.

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In base al regolamento di Aarhus, l’Europa ha 22 settimane di tempo per portare prove che dimostrino che i progetti inseriti in lista non danneggiano il clima in modo incompatibile con la Legge Clima. In caso contrario, ClientEarth, Friends of the Earth, Food & Water Action Europe e CEE Bankwatch Network potranno portare il caso alla Corte di giustizia europea.