L’azienda norvegese di consulting vede il culmine della domanda globale di petrolio a 101,6 milioni di barili al giorno nel 2026. La previsione è stata rivista al ribasso rispetto a novembre 2020, quando il picco era ipotizzato per il 2028 a 102,2 mln di bpd
La previsione di Rystad anticipa di 2 anni il picco del petrolio
(Rinnovabili.it) – Il boom di auto elettriche cambia le previsioni sul picco del petrolio. Secondo l’azienda norvegese di consulting specializzata in energia Rystad, la diffusione rapida e capillare di EV in gran parte del mondo può diventare un fattore determinante nel piegare verso il basso la curva della domanda di petrolio.
Abbastanza da convincere gli analisti di Rystad ad anticipare di 2 anni il picco del petrolio rispetto alle previsioni precedenti. Non sarà più atteso per il 2028 ma per il 2026, e si dovrebbe attestare intorno a 101,6 milioni di barili al giorno (bpd). Cifra rivista al ribasso anche in termini assoluti, visto che a novembre 2020 l’azienda lo aveva fissato a 102,2 mln di bpd nel 2028.
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“L’adozione dell’elettrificazione nei trasporti e in altri settori dipendenti dal petrolio sta accelerando ed è destinata a affossare il petrolio prima e più velocemente rispetto alle nostre previsioni precedenti”, spiegano da Rystad.
Quella che arriva dalla Norvegia è una previsione tra le più ottimiste. A novembre Standard & Poor’s riteneva che l’impatto del Covid-19 sulla domanda energetica globale sarebbe stato più che altro transitorio. Il 2020 per l’agenzia di rating non era un vero anno di svolta, e il picco del petrolio veniva lasciato invariato, al lontanissimo 2040. Solo nello scenario più pessimistico immaginato da S&P le cose cambiano radicalmente, ma era uno scenario che teneva insieme telelavoro su larga scala (con le metropoli globali svuotate di colletti bianchi), viaggi in aereo in ripresa lentissima e ai livelli pre-Covid solo nel 2030, un cambiamento epocale nelle supply chain globali con fuga di imprese e investimenti lontano dai paesi produttori o ad alto consumo di idrocarburi nell’industria come Cina, Arabia Saudita e Messico.
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Molto meno ottimista di Rystad è anche l’IEA, che in uno studio di marzo 2021 scriveva che la domanda di petrolio globale può tornare ai livelli pre-pandemici già nel 2023. Per evitare questo scenario occorrono sia interventi politici più tempestivi, sia una modifica profonda dei comportamenti individuali.