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Il piano d’emergenza gas dell’Ue fa sbuffare 12 paesi su 27 (Italia inclusa)

Tra gli scontenti c’è anche l’Italia, insieme almeno a Portogallo, Spagna, Malta, Francia, Danimarca, Polonia, Olanda e Grecia

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Il 20 luglio la Commissione ha presentato il suo piano d’emergenza gas

(Rinnovabili.it) – Cresce la fronda contro il piano Ue sul gas. A parlare pubblicamente sono in pochi, Spagna, Grecia e Portogallo. Ma nelle riunioni a Bruxelles il fronte dei contrari è molto più ampio e non solo “mediterraneo”. All’ultimo incontro del Coreper – l’organo che riunisce gli ambasciatori permanenti dei Ventisette presso l’Ue – il no al piano d’emergenza gas è arrivato da ben 12 paesi. Quasi la metà. Numeri importanti che lasciano in bilico la proposta della Commissione. Perché per passare, al meeting dei ministri dell’Energia che si terrà il 26 luglio, il testo ha bisogno di una maggioranza rafforzata, cioè 15 sì.

Il piano Ue sul gas propone di risparmiare 45 miliardi di metri cubi di gas in Europa tra agosto e fine marzo tagliando i consumi del 15% in tutti i paesi membri. I tagli sono volontari, ma a certe condizioni l’esecutivo Ue potrebbe trasformarli in obbligatori. A seconda della situazione nazionale, potrebbe essere necessario fermare la produzione di alcuni comparti industriali, che significa rallentare l’economia.

“La Commissione non ha questi poteri”

La ragione principale dietro il malcontento l’ha spiegata con chiarezza ieri la ministra spagnola per la Transizione Ecologica, Teresa Ribera. L’esecutivo Ue si sta arrogando dei poteri che non ha. “Non ci possono imporre tagli obbligatori dei consumi di gas senza nemmeno consultarci” è la linea di Madrid. Tradotto: a decidere dev’essere il Consiglio, dove abbiamo potere di veto. Come la Spagna la pensano molti altri paesi, è emerso dal meeting Coreper. Sicuramente l’Italia, insieme a Portogallo, Malta, Francia, Danimarca, Polonia e Olanda.

E il tetto al prezzo del gas?

Ma ci sono altri motivi di opposizione al piano d’emergenza gas presentato il 20 luglio da Ursula von der Leyen. Invece di tagli lineari del 15% per tutti – inizialmente volontari, ma obbligatori in caso di crisi grave – una proposta alternativa è quella di mettere un price cap al gas russo.

L’idea è di far leva sulla posizione dominante dell’Ue come acquirente del gas di Mosca (il Cremlino non può costruire nuovi gasdotti in poco tempo per inviare il gas altrove) per imporre un tetto massimo al prezzo. Così l’Ue risparmia e si finanzia meno la guerra in Ucraina. Il tetto però fa storcere il naso a Berlino, che teme di far infuriare Putin e di trovarsi con i rubinetti del gas chiusi definitivamente.

Il principale sponsor del price cap è Mario Draghi, ma la crisi di governo ha reso più debole la voce dell’Italia su questo punto. Così l’ha ripreso in pubblico la Grecia. “Il governo greco non è d’accordo in linea di principio con la proposta dell’UE di ridurre del 15% il consumo di gas”, ha dichiarato il portavoce del governo Giannis Oikonomou. “Abbiamo presentato una serie di proposte relative ai prezzi del gas …. e alla fornitura di gas e insisteremo nel sostenerle come soluzione europea”, ha dichiarato alludendo al price cap.

Coi tagli lineari non c’è equità

Un altro grande problema sollevato da alcuni paesi Ue con il piano d’emergenza gas di Bruxelles è che non tiene in considerazione le specificità nazionali. I tagli proposti sono lineari, uguali per tutti. Nelle scorse settimane si era parlato di quote differenziate, ma l’opzione poi è stata cancellata dalla proposta finale.

Il punto è che quella del gas non è l’unica crisi che investe il settore energetico. A far presente la cosa è stato, sempre ieri, il Portogallo. Il ministro all’Energia Joao Galamba ha spiegato che Lisbona è “totalmente contraria” al piano Ue sul gas per com’è ora per due ragioni. Primo: il paese iberico è piegato dalla siccità, che ha già ridotto l’output idroelettrico del 50%. Obbligando il governo a potenziare la generazione elettrica delle centrali a gas, senza molte alternative a disposizione. Secondo: come la Spagna, anche il Portogallo ha scarse interconnessioni gasiere col resto d’Europa. Il risparmio di gas lusitano, quindi, “non renderebbe immediatamente disponibile il gas per altri paesi, come nel Nord Europa”, ha spiegato. (lm)