La commissaria UE all’Energia Kadri Simson spiega le ragioni per cui l’energia dall’atomo dovrebbe essere considerata investimento sostenibile e quindi rientrare nella tassonomia verde, su cui Bruxelles deciderà l’8 dicembre
Il discorso tenuto ieri alla World Nuclear Exhibition di Parigi
(Rinnovabili.it) – Mentre la Commissione europea e i paesi membri litigano furiosamente se mettere gas e atomo dentro o fuori dalla tassonomia verde, la commissaria all’Energia Kadri Simson ha le idee molto chiare. “Il costo dei finanziamenti giocherà un ruolo chiave nel rendere possibile e competitiva la produzione di energia nucleare”, ha detto ieri alla cerimonia inaugurale della World Nuclear Exhibition di Parigi.
Finanziamenti che sono nell’ordine di qualche decina di miliardi di euro solo per prolungare la durata d’esercizio degli impianti esistenti, e salgono ad alcune centinaia di miliardi per le nuove centrali che sarebbero necessarie per mantenere la stessa quota di nucleare di oggi nel mix energetico europeo al 2050. La commissaria non lo dice mai esplicitamente, ma il suo discorso punta in una sola direzione: investimenti così vasti saranno ben difficili da mobilitare se il nucleare resterà fuori dalla green taxonomy.
Kadri Simson tifa nucleare per “senso di realismo”
Parole che arrivano all’indomani di un nuovo rinvio della tassonomia verde, questa volta solo alla prossima settimana (8 dicembre). Un rinvio che fa trapelare quanto Bruxelles e Stati membri siano arroccati sulle loro posizioni e trovare la quadra sia complicato. Simson si limita ad assicurare alla sua platea, l’industria dell’atomo, che la decisione sarà “basata sulla scienza”. Il riferimento è al parere del Jrc, il centro di ricerca in-house dell’UE, che qualche mese fa ha dato luce verde nel suo parere tecnico. In realtà la scelta sarà tutta politica (lo dimostra il braccio di ferro tra francesi pro atomo e tedeschi contrari) e scriverà una buona parte della transizione energetica del continente.
Per Simson servono investimenti e a breve perché il nucleare sarebbe indispensabile per stabilizzare la rete nel 2030, momento critico visto il boom di rinnovabili atteso entro questo decennio. “C’è un crescente senso di realismo sulla necessità di integrare le energie rinnovabili con la produzione di elettricità del carico di base”, ha detto la commissaria. “Il punto è che in questo momento, l’energia nucleare è la fonte a basso contenuto di carbonio più diffusa che fornisce il carico di base necessario per la stabilità della rete elettrica”. D’altronde l’età media della flotta nucleare UE oggi “supera i 30 anni” e “senza investimenti immediati, circa il 90% dei reattori esistenti verrebbero spenti nel momento in cui saranno più necessari: nel 2030”.
Porte aperte all’atomo confidando nella tecnologia
Per il retrofitting degli impianti esistenti, Simson stima che servono 40-50 mld. Per mantenere inalterata la capacità installata al 2050 con nuovi impianti, ne servirebbero circa 400. Nelle parole della commissaria – che riecheggiano molto da vicino quelle del ministro del MiTE Roberto Cingolani – è solo un problema di investimenti.
“Le scoperte tecnologiche stanno portando nuove soluzioni a problemi vecchi e apparentemente intrattabili, dallo smaltimento delle scorie in depositi sotterranei profondi a impianti su scala ridotta che riducono i problemi di ubicazione, i lunghi tempi di completamento e l’enorme intensità di capitale degli impianti nucleari classici”, argomenta Simson. Le scorie non saranno un problema: è un passaggio centrale, perché le resistenze a mettere il nucleare nella tassonomia verde, anche solo in forma transitoria e quindi da abbandonare nel giro di qualche decennio (un’ipotesi allo studio in queste settimane), si agganciano proprio al principio di precauzione e all’intrattabilità delle scorie.
Quanto agli Small modular reactors (Smr), i mini-reattori nucleari su cui ha deciso di puntare tutto la Francia (ma anche la Gran Bretagna), Simson garantisce che questa nuova generazione di impianti è più sicura e che sarà la Commissione stessa a controllare che i paesi che li sceglieranno abbiano un approccio safety first.
Quanto nucleare?
Da Parigi, Simson dice anche che negli scenari centrali della Commissione, al 2050, il nucleare dovrebbe raggiungere più o meno il 15% del mix energetico UE. C’è qualche ragione di credere che mettere l’atomo nella tassonomia verde faccia salire ben di più questa cifra.
Già oggi l’energia dall’atomo galleggia intorno al 25% del mix UE e ci sono molti Stati, soprattutto dell’est Europa, che vogliono a tutti i costi lanciarsi per la prima volta nel nucleare per rimpiazzare il carbone. Il salto diretto da questa fonte fossile alle rinnovabili è troppo, sostengono, e l’atomo è pulito e buono per la decarbonizzazione proprio come eolico e fotovoltaico. Una scelta che sarà facilitata, e di molto, se gli investimenti nei nuovi impianti saranno etichettati come sostenibili e quindi agevolati.
Senza contare altri paesi – tra cui l’Italia – che pur potendo espandere le rinnovabili potrebbero scegliere di aggiungere anche l’opzione nucleare al loro percorso verso emissioni nette zero. (lm)