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Chi scommette ancora sulle nuove miniere di carbone?

Il rapporto di Global Energy Monitor segnala che sono 432 i nuovi siti in preparazione. Se attivati, faranno crescere la produzione globale di carbone di oltre 2 mld di t l’anno

Miniere di carbone: in programma 432 nuovi siti in tutto il mondo
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Cina, India, Australia e Russia pianificano ¾ delle nuove miniere di carbone globali

(Rinnovabili.it) – C’è un quartetto di estremi difensori delle fossili che pianifica di aprire più di 400 nuove miniere di carbone nei prossimi anni. A dispetto della fuga precipitosa dei grandi investitori dai progetti che riguardano questo combustibile fossile tra i più inquinanti. E nonostante il phase out del carbone sia uno dei punti in cima all’agenda climatica della Cop26 e di organizzazioni internazionali come Onu e Iea.

Sono Cina, India, Russia e Australia i 4 paesi che accarezzano l’idea di continuare a inaugurare nuove miniere di carbone, secondo un rapporto pubblicato dal think tank statunitense Global Energy Monitor, che dedica gran parte delle sue attività a monitorare l’uso del carbone a livello globale.

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In tutto i nuovi progetti in pipeline sono 432, stando ai calcoli dei ricercatori dell’istituto. Se entrassero tutti quanti realmente in attività, aumenterebbero la produzione mondiale di questa fonte fossile di 2,28 miliardi di tonnellate l’anno. Tre quarti dei siti ha ricevuto l’ok di Pechino, Nuova Delhi, Mosca e Canberra. Tra i 4 chi sale per primo sul banco degli imputati è – senza sorpresa – proprio la Cina.

Pechino da sola aumenterebbe la produzione globale di 452 milioni di tonnellate annue, quasi un quarto del totale. I siti peraltro sarebbero tutti concentrati in appena 4 province cinesi: Mongolia interna, Xinjiang, Shaanxi e la quasi omonima Shanxi.

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“Mentre l’Agenzia internazionale per l’energia ha appena detto che è necessario un balzo gigante verso le emissioni nette zero, i piani dei produttori di carbone di espandere la capacità del 30% entro il 2030 sarebbero un balzo indietro”, afferma Ryan Driskell Tate, analista del Global Energy Monitor e prima firma del rapporto.

Gli autori sottolineano due rischi: oltre a quello di rendere meno efficaci gli sforzi nel contrasto al riscaldamento globale, c’è anche il rischio che queste compagnie del carbone si ritrovino in fretta con qualcosa come 91 miliardi di dollari di asset svalutati o trasformati in passività impreviste. “La domanda di carbone sta crollando e il finanziamento per nuovi progetti di carbone si sta esaurendo”, continua Driskell Tate. “Le nuove miniere di carbone e l’espansione delle miniere esistenti produrranno carbone per un mondo in cui non è economicamente sostenibile, ed è insostenibile per l’ambiente”.