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Cosa comporterebbe uno stop completo al gas russo?

Risponde Aurora Energy Research con un’analisi del mercato del gas europeo, sotto vari scenari.

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Il prezzo del gas in Europa tocca i 345 €/MWh

(Rinnovabili.it) – Oggi la Commissione europea dovrebbe presentare la nuova cassetta degli attrezzi con cui guidare gli Stati membri nel difficile percorso di rafforzamento della sicurezza energetica. Un pacchetto di azioni con cui rispondere alla crisi dei prezzi ma anche con cui prendere velocemente le distanze dalla dipendenza europea dalla Russia. Perlomeno sul fronte dell’energia. Mentre scriviamo, il gas russo consegnato attraverso il gasdotto Yamal-Europa ha ripreso a scorrere verso la Germania. E i flussi in Slovacchia attraverso l’Ucraina sono rimasti a livelli elevati. Ma con l’esacerbarsi del conflitto in Ucraina, l’eventualità di uno stop improvviso delle forniture si fa sempre più concreto e temuto. 

Cosa rischierebbe allora l’Europa? A rispondere Aurora Energy Research attraverso una nuova analisi del mercato europeo

Oggi dalla Russia dipende circa il 30-40% del totale delle forniture energetiche europee. Non solo gas, ma anche carbone e petrolio. Qualsiasi interruzione in questo ambito, causata da Mosca o dagli stessi governi europei con l’intento di infliggere una sanzione economica, comporterebbe impatti immediati.

Uno stop alle forniture di gas russo

Il rapporto presenta tre diversi scenari tra cui quello focalizzato su una possibile perdita totale del gas russo in Europa entro l’inverno 2022- 20223. Per un gap totale di 195 miliardi di metri cubi l’anno. O 109 miliardi di metri cubi durante il solo periodo di picco invernale (ottobre 2022 – marzo 2023). In questo scenario, le forniture alternative potrebbero coprire l’89% della domanda ma non senza rischi o difficoltà.

Ad esempio l’aumento della produzione domestica europea e le importazioni attraverso i gasdotti nordafricani potrebbero aggiungere 25 miliardi di metri cubi. Tuttavia – spiega Aurora – esistono precisi limiti questi incrementi. I flussi algerini e libici, ad esempio, sono al di sotto della capacità a causa della maggiore domanda interna e di una produzione stagnante.

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Il giacimento olandese di Groningen dovrebbe essere chiuso entro la fine del 2022, ma se mantenuto operativo, potrebbe supportare parte del calo. “Questo, però, comporterebbe rischi ambientali, dato che molti pozzi sono stati chiusi per ridurre il rischio sismico, e i limiti di produzione sono legalmente vincolanti”.

Nel contempo i distributori europei di gas all’ingrosso dovrebbero competere sul mercato spot del GNL per assicurarsi i volumi aggiuntivi, pari a 24 miliardi di metri cubi, a costi elevati. Un misura che richiede però anche una cercata prontezza infrastrutturale a livello UE. Anche lo stoccaggio gioca un ruolo fondamentale nel soddisfare il picco della domanda invernale di gas. “Se i siti europei fossero riempiti al ~90% della capacità prima di una perdita di gas russo il prossimo inverno, potrebbero fornire fino a 75 miliardi di metri cubi ed eliminare il gap”. Ma servirebbe un intervento da parte dei governi europei. Nel frattempo il prezzo del gas naturale in Europa ha raggiunto il nuovo massimo storico il 7 marzo, toccando brevemente i 345 euro per megawattora.