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Perché la Francia spingerà al massimo le sue centrali a carbone

Il governo francese ha predisposto un decreto che consentirà momentaneamente alle due centrali a carbone ancora attive di produrre oltre la soglia emissiva prestabilita.

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La Francia aprirà al massimo i rubinetti del carbone fino alla fine di febbraio

(Rinnovabili.it) – Le criticità preannunciate da RTE, l’operatore delle rete di trasmissione, a fine dicembre si sono concretizzate. La produzione elettrica della Francia si è inevitabilmente scontrata con le difficoltà del periodo e il governo si prepara oggi a tamponare una possibile emergenza. Come? Con un decreto, oggi in fase di consultazione, che permetterebbe alle due centrali a carbone ancora funzionanti di lavorare più della “norma”.

Per comprendere cosa stia succedendo è necessario fare un passo indietro.

Come per molti altri Paesi europei, l’energia è un sorvegliato speciale. In questi mesi la corsa al rialzo dei prezzi del gas e gli stoccaggi dello stesso a livelli inferiori rispetto al passato, hanno fatto sudare freddo più di un governo. Ma per la Francia, paese a forte penetrazione nucleare (>70%), la situazione appare più complessa.

Il gas, infatti, fornisce alla nazione appena il 6% del mix elettrico. E, almeno inizialmente, ha prodotto un impatto più limitato rispetto ad altri paesi europei, lasciando a nucleare ed eolico la maggior parte del lavoro. È la stessa RTE a confermarlo spiegando come durante la prima parte del periodo invernale (fino ai festeggiamenti di fine anno), la fornitura di energia elettrica è stata assicurata in condizioni normali.

“Da allora – scrive il TSO – la crisi energetica europea è peggiorata con un continuo aumento dei prezzi del gas, che ha portato a incrementi nei  prezzi dell’elettricità (in termini di prezzi osservati sui mercati delle borse elettriche europee). Anche se il sistema elettrico francese dipende poco dai combustibili fossili, è fortemente interconnesso con i suoi vicini e quindi risente di questa impennata dei prezzi. Questa situazione è stata accentuata, in Francia, dagli episodi di debole produzione eolica degli ultimi mesi, ma soprattutto dalla contemporanea indisponibilità di molti reattori nucleari”. 

Le interruzioni, programmate e non, del nucleare francese

Attualmente una dozzina dei 56 reattori francesi sono in manutenzione. Per la maggior parte si tratta di interventi pianificati ma ritardato a causa della pandemia. Tuttavia per quattro di essi – i più potenti della flotta nucleare transalpina – il fermo segue il rilevamento di alcuni guasti. Uno stop inaspettato che priva la nazione di quasi il 10% della sua capacità nucleare (61 GW) proprio nel momento in cui ha più bisogno di elettricità. E che con molta probabilità non si esaurirà a breve. 

“In queste condizioni, la Francia si trova spesso da novembre in una situazione di importazione di elettricità, sebbene sia tradizionalmente un esportatore”, scrive RTE. “Livelli molto significativi di importazioni, prossimi alle capacità tecniche massime, sono stati ad esempio registrati il 20, 21 e 22 dicembre 2021″.

 La soluzione di Parigi almeno nel breve periodo sarà quella di aumentare la produzione termoelettrica da carbone. Il decreto, redatto dal Ministero della Transizione Energetica, dovrà essere votato a fine gennaio. In caso positivo consentirà di innalzare “il tetto di emissione di gas serra per gli impianti che producono energia elettrica da combustibili fossili”. Nel dettaglio, le centrali elettriche di Cordemais e di Saint-Avold, limitate dal 1 gennaio 2022 alle emissioni di CO2eq di 700 ore di funzionamento l’anno, avranno come nuova soglia le 1.000 ore/anno. Teoricamente fino al 28 febbraio 2022. E restando ferma la chiusura definitiva della  centrale di Saint-Avold nel mese successivo.