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Crisi prezzi dell’energia, verso il New Energy Compact europeo

Bruxelles sta ricalibrando la comunicazione sulla crisi energetica, che era attesa il 2 marzo, sulla necessità di garantire in fretta l’autonomia energetica da Mosca. Nuovo sprint sulle rinnovabili e sull’idrogeno

Crisi prezzi dell’energia: l’Ue prepara un New Energy Compact
Foto di Johnnys_pic da Pixabay

Rinnovabili, H2, biogas e tanto GNL, ricetta UE contro la crisi dei prezzi dell’energia

(Rinnovabili.it) – Slitta di una settimana e cambia focus l’intervento UE per far fronte alla crisi dei prezzi dell’energia. La comunicazione di Bruxelles doveva arrivare ieri, 2 marzo, e indicare le misure comuni per ridurre l’impatto della crisi energetica. Lo scoppio della guerra in Ucraina però ha stravolto tutto. Adesso l’obiettivo principale è diminuire la dipendenza energetica dalla Russia.

“Con gli stoccaggi di gas dell’UE a livelli storicamente bassi e le preoccupazioni per la sicurezza dell’approvvigionamento legate al basso debito dei gasdotti dall’Est, assistiamo a una crescente crisi del gas. L’UE rimane fortemente dipendente dalle importazioni di energia per la produzione di energia e il riscaldamento”, si legge nella bozza della comunicazione, vista in anteprima da Euractiv.

Il documento contiene una serie di interventi a breve, medio e lungo termine con cui tamponare possibili interruzioni nelle forniture di gas dalla Russia (che fino ad oggi non si sono verificate), evitare che la crisi dei prezzi dell’energia vada del tutto fuori controllo, e accelerare la corsa verso l’autonomia energetica da Mosca. Diversificazione degli approvvigionamenti, biogas e idrogeno al centro dell’attenzione, insieme a un New Energy Compact che potenzi le rinnovabili.

Diversificare: la partita del GNL

Al primo punto della strategia europea c’è la parola d’ordine: diversificare. Molti paesi UE si stanno già dando da fare per aumentare le proprie riserve e assicurarsi forniture aggiuntive da canali sicuri. L’Italia ha strappato un accordo con l’Algeria per 2 mld di m3 di gas attraverso il Transmed e proverà a incrementare l’import anche dall’Azerbaijan via TAP (gasdotto di cui si starebbe valutando il raddoppio, ha annunciato il premier Draghi durante l’informativa sull’Ucraina in Senato il 1 marzo). La Germania si sta muovendo sul fronte terminal GNL rispolverando due progetti accantonati da qualche anno.

E proprio sul GNL si concentra la risposta a breve termine dell’UE. I Ventisette busseranno alla porta di paesi fornitori come Stati Uniti e Qatar. “Il GNL, che può essere trasportato via nave o su strada, ha dimostrato di essere un elemento importante per ridurre la nostra dipendenza dal gas russo importato e rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento”, si legge nella bozza di comunicazione. Nel 2020 gli USA hanno spedito in Europa il 40% del loro gas naturale liquido coprendo il 20% della domanda UE e sono disposti ad aumentare la quota. A inizio anno, mentre Mosca ammassava truppe e mezzi al confine ucraino, Washington aveva già deviato verso i porti europei 15 navi metaniere. Da solo, però, il GNL americano può al massimo integrare le riserve europee.

L’altro fronte caldo del gas naturale liquido è il Qatar, uno dei massimi produttori mondiali. Il piccolo emirato affacciato sul Golfo è uno stretto alleato degli USA ed è uscito nel 2019 dall’Opec, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio che dal 2016, nel formato allargato Opec+, coordina le sue mosse con la Russia. Doha, come gli altri paesi del Golfo, ieri ha anche votato a favore di una risoluzione Onu di condanna dell’invasione russa, un segnale che fa ben sperare in ottica di aumento dell’export verso l’UE. Tra i maggiori paesi esportatori, Algeria, Iraq, Mozambico e Iran si sono invece astenuti. Il nodo principale è che il Qatar guarda decisamente all’Asia per vendere il suo GNL: lì finiscono 7 barili equivalenti su 10.

Un New Energy Compact contro la crisi dei prezzi dell’energia

Bruxelles quindi si unirà a Washington nel fare pressioni per strappare una quota maggiore di GNL. Guardando ai prossimi mesi e soprattutto all’inverno 2022/23, nel documento resta uno dei capisaldi della prima versione della comunicazione: obbligo per i Ventisette di arrivare al 30 settembre con le riserve di gas piene almeno all’80%, che forse diventerà legalmente vincolante. In più, l’UE ipotizza un meccanismo per assicurare tali livelli di stoccaggio che dovrebbe scattare se la quota restasse troppo bassa in alcuni paesi.

Per quanto riguarda le misure sul lungo termine, la Commissione punta ad aumentare la produzione di biogas (35 mld m3 al 2030) e di idrogeno. Riguardo a quest’ultimo, l’esecutivo UE sta preparando un “Hydrogen Accelerator”, strumento che faciliterà l’aumento della capacità installata di elettrolizzatori, vuole accelerare l’iter del pacchetto sul gas presentato lo scorso dicembre, e facilitare gli aiuti di Stato per progetti sull’idrogeno rinnovabile.

Il capitolo più corposo riguarda però le rinnovabili. La Commissione ipotizza un New Energy Compact per potenziare l’aumento della capacità installata di energia pulita nel continente. Una mossa necessaria visto che l’UE stima che anche realizzando l’intera legislazione attuale sul clima entro il 2030, per quella data la dipendenza dal gas scenderebbe appena del 23%.

“Per anticipare i benefici dell’European Green Deal in termini di sicurezza dell’approvvigionamento e ridurre la nostra dipendenza da un fornitore dominante per le importazioni di gas naturale, il New Energy Compact aumenterà le energie rinnovabili in Europa mobilitando ulteriori investimenti, rimuovendo gli ostacoli allo sviluppo delle energie rinnovabili e consentendo ai consumatori di svolgere un ruolo attivo nel mercato dell’energia”, si legge nella comunicazione UE.

L’UE chiede agli Stati di garantire agli investimenti nelle rinnovabili e nell’adeguamento della rete le condizioni più favorevoli disponibili per quanto riguarda pianificazione e autorizzazioni. Investimenti che Bruxelles suggerisce potrebbero pescare dalle risorse aggiuntive derivanti dall’ETS europeo e da una tassa sugli extra profitti realizzati in questi mesi dalle compagnie energetiche vista la crisi dei prezzi dell’energia. Tagli ai profitti che non devono però intaccare quelli potenzialmente reinvestiti in rinnovabili: gli Stati devono “astenersi da misure fiscali che mirano a rendite elevate che altrimenti sarebbero reinvestite nelle energie rinnovabili”.

Infine, più installazioni di contatori intelligenti per promuovere la crescita della quota di “consumatori attivi” in grado di consumare energia quando costa meno e c’è meno domanda, e azioni più rapide in materia di efficientamento energetico degli edifici e dei sistemi di riscaldamento.