Informativa del ministro della Transizione Energetica alla Camera. Roma rimpiazzerà 25 dei 29 mld di m3 di gas russo “entro il 2025”. Ancora poca chiarezza su quando arriveranno le nuove forniture alternative di gas e GNL e in che volumi. Per passare l’inverno tranquilli abbiamo bisogno di fare stoccaggio per altri 6 mesi
Cingolani fa il punto sulla risposta dell’Italia alla crisi energetica
(Rinnovabili.it) – Se la Russia chiude adesso i rubinetti del gas, l’Italia avrà “un problema serio” il prossimo inverno. E dovrà probabilmente far partire i razionamenti. Mentre la strategia per rispondere all’aumento dei prezzi dell’energia – il price cap sponsorizzato dal governo – deve essere europea. Così ieri il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, in un’informativa urgente alla Camera sulla crisi energetica in corso.
Come va la diversificazione dal gas russo?
La diversificazione dalla Russia come principale fornitore italiano di gas fossile procede, ma non con i tempi rapidi che lo stesso ministro aveva annunciato solo pochi giorni fa (“indipendenti dal gas russo già da metà 2023”). In più, Cingolani presenta i dati aggiornati ma con intervalli temporali – il 2° semestre 2022 e il 2025 – che aiutano ben poco a capire quanto l’Italia è al sicuro da eventuali stop improvvisi del gas di Mosca.
“I nuovi contratti per il gas portano dal secondo semestre del ’22 ad avere 2 mld di m3 (bcm) in più, e arrivano in maniera graduale a circa 12 bcm nel 2025. Per il GNL, nel 2° semestre del 2022 arrivano 1,5 bcm in più, che salgono poi a circa 13 bcm nel 2025”, ha riportato il ministro. “Nel 2025 avremo sostanzialmente 25 bcm che rimpiazzano i 29 bcm dalla Russia di oggi”, continua Cingolani, rimarcando che entro quella data le misure di efficientamento energetico dovrebbero aver già fatto calare abbastanza il fabbisogno. Ma anche su questo punto i numeri forniti sono pochi e troppo vaghi. Così come sull’accelerazione delle rinnovabili, che “a regime” sarà di 8GW l’anno – ma il ministro non specifica quando si aspetta che si vada a regime.
Ne discende altrettanta vaghezza nel presentare il possibile impatto di uno stop del gas russo e il livello nazionale di preparazione alla crisi energetica. Per Cingolani, semplicemente, “dipende molto da quando avviene”, ma senza dati precisi sull’incremento atteso delle forniture alternative è impossibile fare qualsiasi valutazione.
“Se ci interrompessero le forniture di gas adesso, avremmo un serio problema con lo stoccaggio, fermo ora al 40%”, spiega il ministro. “Sarebbe problematico affrontare l’inverno in assenza di rilevanti misure di contenimento della domanda, che ovviamente sono previste”, continua, ricordando che il governo ha già preventivato, per la situazione di più grave emergenza, il ricorso a razionamenti energetici per l’industria. “Se invece lo stop avvenisse nei prossimi mesi, dipende dalla data precisa. Noi ogni mese stocchiamo circa 1,5 bcm. Per raggiungere il livello del 90% nell’inverno ’22-’23 sarebbero quindi necessari circa 6 mesi di ulteriore stoccaggio. Così potremmo affrontare il prossimo inverno e gli anni successivi con più tranquillità”, conclude.
L’impatto di un tetto UE al prezzo dell’energia
Nell’informativa, Cingolani torna ancora una volta a parlare della proposta italiana di introdurre un tetto europeo al prezzo dell’energia come risposta di punta alla crisi energetica in corso. L’Europa – spiega il ministro – è il più grande compratore di gas via pipeline del pianeta e può far sentire il suo peso sui mercati. Ma serve appunto una dimensione europea. “Per l’Italia o per qualsiasi altro grande paese europeo un price cap nazionale sarebbe assolutamente difficile da sostenere” perché sono interconnessi: cosa che non sono Spagna e Portogallo, che hanno appunto strappato da poco l’ok dell’UE per inserire un tetto al prezzo dell’energia. “Se un paese unilateralmente mette il suo price cap, semplicemente il mercato lo salta a piè pari perché non è conveniente vendere lì il gas, quindi non sarebbe una politica particolarmente intelligente”, sottolinea.
Quali gli effetti attesi sui prezzi? “Con il gas ai 100-110 euro MWh di oggi”, dice Cingolani, “un price cap a 80 euro/MWh rappresenterebbe immediatamente una riduzione del 25% della bolletta gas e una percentuale ancora più alta di riduzione della bolletta elettrica”, mentre “sul GNL, gli effetti potrebbero essere mitigati da contratti per differenza che sono in fase di studio”. Misure necessarie perché “oggi mantenere il mercato completamente libero non va bene”, dice criticando il recente rapporto dell’ACER, l’ente UE per la cooperazione dei regolatori elettrici. “Avendo dovuto sostenere aumenti della bolletta elettrica del 600% per periodi prolungati sembra abbastanza difficile sostenere che questo mercato stia funzionando. Ha invece messo in difficoltà imprese e cittadini”, conclude.