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Alla COP27, l’Africa dà la priorità a petrolio e gas

Uno scoop del Guardian rivela come si stanno preparando i paesi africani al summit sul clima di Sharm el-Sheikh. Lo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e soprattutto di gas sarebbe “cruciale” per garantire l’accesso all’energia a tutti, sostengono. Ma la geografia fisica e umana del continente dice un’altra cosa

Piano UE sul gas: tutte le misure per ridurre subito i consumi
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Verso una posizione comune pro-gas dei paesi africani alla COP27

(Rinnovabili.it) – I protagonisti della COP27 di Sharm el-Sheikh, ospitata per la 4° volta da un paese africano? Potrebbero essere petrolio e gas. Il summit internazionale sul clima rischia infatti di diventare il palcoscenico per una richiesta che contraddice completamente la realtà della crisi climatica: non lasciare sotto terra le vaste riserve di idrocarburi del continente.

Lo rivela il quotidiano britannico Guardian, che ha visionato un documento tecnico preparato dall’Unione Africana per un meeting dei ministri africani dell’energia dello scorso giugno. L’organizzazione sta costruendo una posizione comune tra tutti i suoi membri da tenere alla COP27 in Egitto, il prossimo novembre, che sostiene la necessità di aumentare l’estrazione di combustibili fossili.

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“Nel breve e medio termine, i combustibili fossili, in particolare il gas naturale, dovranno svolgere un ruolo cruciale nell’espansione dell’accesso all’energia moderna, oltre ad accelerare l’adozione delle energie rinnovabili”, si legge nel documento. Con la crisi energetica, la sete di gas dell’Europa a causa dei flussi ridotti dalla Russia e la conseguente impennata dei prezzi del gas, molti paesi africani stanno provando a sfruttare l’opportunità per fare guadagni facili. Espandendo la loro produzione – come fa l’Egitto, la Nigeria o l’Algeria – o partendo da zero come nel caso di Senegal, Mauritania o Mozambico.

Al momento sono in ballo progetti per gas e petrolio per un valore complessivo di 100 miliardi di dollari. Investimenti che sono ad altissimo rischio di diventare stranded asset, cioè di non avere un ritorno d’investimento e di trasformarsi in fretta in “polpette avvelenate” per i player energetici ma anche per i paesi africani stessi.

Se lo sviluppo di nuovi giacimenti è accelerato dalle prospettive più che rosee di esportarlo in Europa, molti paesi africani vorrebbero il gas anche per metterlo al centro della loro transizione. Una scelta che potrebbe agevolare lo sviluppo industriale, ma in realtà non risponde ad alcune delle priorità energetiche del continente, su tutte l’accesso all’elettricità per tutti. Oggi sono 600 milioni gli africani che non hanno accesso all’energia elettrica. L’80% dei quali vive in aree rurali remote, dove la soluzione non può essere il gas ma mini-grid e solare. Per centrare questo obiettivo servirebbero investimenti per 25 miliardi di dollari l’anno da qui al 2030: il costo di una piattaforma per l’export di Gnl l’anno.