Pubblicata la nuova edizione dello storico rapporto di Legambiente, Comuni Rinnovabili che quest'anno cambia nome in Comunità Rinnovabili
di Edoardo Zanchini
È il momento di accelerare con una seconda “rivoluzione” della generazione da fonti rinnovabili, aprendo finalmente alle comunità energetiche. La prima fase di sviluppo, che abbiamo visto all’inizio del XXI Secolo, ha consentito di cambiare il modello energetico, rendendolo sempre più distribuito e rinnovabile. Sono infatti oggi oltre un milione gli impianti tra elettrici e termici in Italia che troviamo in tutti e 7.911 i Comuni, mentre dieci anni fa erano solo 356. Questi impianti hanno permesso di portare il contributo delle fonti pulite rispetto ai consumi elettrici dal 15 al 36%, consentendo di chiudere centrali a carbone e olio combustibile per 13 GW.
Ma ora deve partire una seconda fase di sviluppo delle fonti rinnovabili e di integrazione nel territorio, una sfida differente e per molti versi più importante. Perché nell’accelerazione degli investimenti, indispensabile per arrivare a un sistema al 100% incentrato sulle rinnovabili, possiamo mettere ancora di più al centro il territorio, con le sue risorse e la risposta da trovare alle diverse domande di energia elettrica e termica. Legambiente lo ha raccontato in questi anni attraverso le storie e i premi dati a tanti Comuni rinnovabili delle Alpi che, sfruttando una normativa speciale di un secolo fa per le cooperative, già potevano scambiare energia e hanno realizzato in questi anni progetti innovativi per beneficiare dei vantaggi ambientali ed economici. Ma ora dobbiamo e possiamo fare un passo in più consentendo in tutta Italia la condivisione e autoproduzione di energia.
Questo nuovo scenario è al centro del rapporto Comunità rinnovabili presentato oggi da Legambiente in un webinar al quale hanno partecipato esperienze di autoproduzione e condivisione di energia pulita italiane e straniere.
Sono 32 i progetti raccontati nella pubblicazione e interessano ogni regione, da nord a sud del Paese. Tra questi sono 12 le storie di Comunità energetiche, alcune sono cooperative “storiche” che continuano a investire in innovazione e a trasformarsi con nuovi obiettivi, come E-Werk Prato nel Comune di Prato allo Stelvio (BZ) o la S.E.C.A.B. in Friuli Venezia Giulia o la ACSM, che coinvolge il territorio delle Valli di Primiero e Vanoi in Provincia di Trento. Altre sono nuovi progetti, come la Comunità energetica di Roseto Valfortore, in Provincia di Foggia, o i Comuni di Tirano e Sernio che insieme si preparano a realizzare la Comunità Energetica Rinnovabile Alpina alimentata attraverso la gestione sostenibile boschiva. Sono 5 le cooperative energetiche tra storiche e nuove, che coinvolgono interi Comuni come nel caso di Berchidda, in Sardegna o in quello della S.E.C.A.B. in provincia di Udine.
Altre 5 interessano attori territoriali come nel caso della Comunità energetica agricola del Veneto, che ha già coinvolto 514 aziende, tra utenti possessori di impianti ad energia rinnovabile, in grado di produrre e scambiare energia verde, ed utenti in qualità di consumatori dell’energia prodotta nel ciclo comunitario. O ancora, l’esperienza del progetto GECO che svilupperà una comunità energetica nella periferia di Bologna, coinvolgendo 7500 abitanti, 1400 dei quali abitano in alloggi sociali (ACER), una zona commerciale di 200.000 mq che ospita un parco agroalimentare, due centri commerciali, ed un’area industriale di oltre 1 milione di mq.
Sono invece 9 i progetti di autoconsumo collettivo, che coinvolgono condomini e realtà di social Housing, come nel caso del progetto Qui Abito a Padova o l’edifico Nzeb realizzato dall’Energy Building Social Housing del Comune di Prato o il caso studio del Condominio Donatello di Alessandria nel progetto Energy Wave. A queste si aggiungono le 11 realtà di imprese che già hanno scelto l’autoproduzione da fonti rinnovabili integrando innovazioni importanti, come la Solis Green Log in Provincia di Chieti, l’Azienda agricola Val Paradiso ad Aosta, La Green Station di Potenza o la Cantina Le Cimete a Montefalco.Tutte realtà in cui già oggi le tecnologie pulite producono tutta o buona parte dell’energia elettrica e/o termica di cui hanno bisogno.
Queste esperienze risultano interessanti perché l’innovazione energetica che si è messa in moto tiene assieme efficienza, reti e accumulo, per valorizzare appieno l’energia autoprodotta e condivisa da rinnovabili. Inoltre, sono processi dove sono coinvolti 35 Comuni e spesso si è passati attraverso una partecipazione dal basso, che è una delle novità di questi nuovi modelli energetici, dove i cittadini, le comunità e i territori diventano il fulcro di un nuovo modello basato su un equilibrio di produzione e condivisione virtuosa in forme articolate. È importante sottolineare, che in queste esperienze si dimostra che è possibile arrivare a fare a meno delle fonti fossili in ogni area del Paese, creando più posti di lavoro e opportunità nei territori. Per capire il futuro dell’energia bisogna guardare a queste storie e alle oltre 300 buone pratiche di progetti di fonti rinnovabili presenti sul sito comunirinnovabili.it, sono in ogni parte d’Italia e hanno creato sviluppo locale: dalle valli alpine alle campagne del Mezzogiorno, dai piccoli Comuni ai grandi centri, passando per aziende agricole e ospedali, depuratori e condomini.
Ora, questi risultati potranno essere preziosi sia rispetto alle scelte da prendere per il recepimento della Direttiva europea sulle comunità energetiche, sia rispetto al dibattito che si è aperto per il rilancio del Paese dopo la crisi economica del Covid-19. Perché se vogliamo tenere assieme la risposta alla crisi economica, sociale e ambientale, dovremo dare spazio a progetti di questo tipo nel recovery plan che il nostro Paese è chiamato a presentare per accelerare la transizione energetica prevista dal Green Deal europeo.
Dobbiamo farlo anche perché in Italia, la crescita dell’energia pulita continua a crescere troppo lentamente – con una media di installazioni all’anno dal 2015 ad oggi di appena 459 MW di solare e 390 di eolico – e a ritmi inadeguati rispetto a quanto la Penisola potrebbe e dovrebbe fare per rispettare gli impegni nella lotta ai cambiamenti climatici, continuando così gli obiettivi fissati al 2030 dal Pniec verrebbero raggiungi con 20 anni di ritardo. Anche nel 2019 si conferma, secondo il rapporto di Legambiente, una crescita positiva ma troppo lenta con 750 MW di solare fotovoltaico (272 MW in più rispetto a quanto installato nel 2018) e 450 MW di eolico (112 MW in meno rispetto al 2018) installati.
La novità è che con l’approvazione della Direttiva Europea 2018/2001 diventa possibile abbattere le assurde barriere che fino ad oggi hanno impedito di scambiare energia prodotta da fonti rinnovabili in Italia, persino nei condomini o dentro un distretto produttivo, oppure in un territorio agricolo. La nuova direttiva stabilisce i diritti dei prosumer (i produttori-consumatori) e delle comunità energetiche proprio in una logica di supporto alla produzione locale da rinnovabili. Se consideriamo la riduzione continua dei prezzi di solare, eolico, batterie, smart-grid, mobilità elettrica, siamo di fronte a un cambiamento di portata radicale che coinvolgerà imprese e cittadini nel trovare soluzioni locali intelligenti ed efficienti incentrate sulle energie pulite.
In molti Paesi europei si sta intervenendo con modifiche normative per consentire la condivisione di energia rinnovabile nei condomini e su edifici pubblici, nei centri commerciali o su edifici industriali. Il nostro Paese dovrà recepire la Direttiva europea entro Giugno 2021, ma intanto possiamo cominciare a sperimentare comunità energetiche per configurazioni fino a 200 kW grazie all’approvazione di un emendamento proposto da Legambiente e Italia Solare, che è diventato Legge nel cosiddetto “Milleproroghe” (Legge 8/2020). Ora mancano una delibera di Arera e poi un decreto attuativo del Mise, poi si potrà cominciare a realizzare le prime comunità energetiche.
Per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici i prossimi dieci anni saranno cruciali. In Italia dobbiamo accelerare nella diffusione di energia da rinnovabili, mentre in parallelo si dovranno ridurre i consumi attraverso l’efficienza, per arrivare a costruire un sistema che possa progressivamente fare a meno delle fonti fossili. Nel Rapporto Legambiente ha messo in fila le proposte al Governo per far entrare questi temi nel recovery plan che dovrà essere presentato all’Unione Europea per finanziare gli interventi indispensabili a uscire dalla crisi economica e sociale del Covid-19.
Le priorità riguardano in primis la semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti da fonti rinnovabili di piccola taglia e l’introduzione di nuove linee guida per accelerare i progetti di grandi dimensioni in tutte le Regioni; il recepimento della direttiva europea sulle comunità energetiche e lo sblocco dei progetti fino a 200kW con l’introduzione di un fondo per l’accesso al credito a tassi agevolati; la promozione di progetti di agrivoltaico, attraverso regole per l’integrazione del fotovoltaico in agricoltura e incentivi per gli agricoltori nell’ambito della PAC; l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili e la revisione della tassazione energetica sulla base delle emissioni. Oggi non esistono ragioni economiche o tecniche per passare ad un modello energetico in cui l’energia è prodotta nei territori e condivisa, più moderno ed efficiente perché fortemente integrato con reti, tecnologie efficienti e di accumulo, mobilità elettrica. Dobbiamo solo decidere di entrare in un futuro che è già a portata di mano.