Il gigante asiatico non vuole rinunciare al termoelettrico tradizionale ma lo IEEFA averte: puntare sul carbon fossile è un rischio economico
Le nuove centrali a carbone non possono competere con i costi delle rinnovabili
(Rinnovabili.it) – L’India non intende abbandonare le centrali a carbone. Perlomeno, non nel medio termine. La statale Central Electricity Authority (CEA) ha previsto una crescita continua di almeno 6,4 GW l’anno per il comparto, da qui al 2030; pari ad un totale di 58 GW di nuova capacità aggiunta alla rete entro a fine del decennio. Cifre consistenti che oggi sono, tuttavia, messe in discussione dall’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA).
In una nuova nota informativa, l’Istituto cerca di mettere in guardia dal rischio economico che questi asset si portano dietro. “L’energia carbon fossile semplicemente non può competere con la continua riduzione dei costi delle rinnovabili. Le tariffe solari in India sono ora inferiori persino ai costi di gestione della maggior parte delle centrali a carbone esistenti”, afferma Kashish Shah, analista presso IEEFA e autore della ricerca.
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Attualmente l’India sta costruendo di 33 nuovi GW a carbone e ne ha pianificati altri 29 GW, ora in fase di prerealizzazione. Ma per lo IEEFA, la maggior parte di questi progetti finiranno per arenarsi. “Negli ultimi 12 mesi non sono stati annunciati altri impianti e non c’è stato movimento nei 29 GW di capacità in precostruzione. Ciò riflette la mancanza di finanziamenti per i nuovi progetti energetici a carbone. E anche l’appiattimento della crescita della domanda elettrica“, che ha avuto il maggior impatto proprio su questo settore.
La nota sottolinea l’alta improbabilità che le proiezioni del CEA si concretizzino, dato lo stress finanziario e operativo che ha investito il comparto. E, per tale motivo, invita il Paese a rivedere urgentemente propri obiettivi. “Qualsiasi proiezione per il futuro mix di generazione dell’India dovrebbe tenere conto del fatto che è probabile che le nuove centrali a carbone diventino asset incagliati”, afferma Shah. Per l’analista la nuova capacità potrebbe considerarsi economicamente redditizia solo se sostituisse le centrali elettriche inquinanti e fine vita, dotate di tecnologie di combustione obsolete e situate lontano dalle miniere di carbone. Ma anche in quel caso, il prezzo dell’energia dovrebbe essere abbastanza alto da giustificare il basso tasso di utilizzo giornaliero.
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Secondo Shah, senza una crescita materiale della domanda di elettricità, l’installazione di altra capacità di carico di base ad alte emissioni, aumenterà il disagio finanziario delle società di distribuzione statali aggiungendo ai loro oneri il pagamento di canoni di capacità fissa per centrali termiche che vengono utilizzate raramente.