Le rinnovabili cresceranno più del previsto nel periodo 2018-2025. Così le centrali termoelettriche alimentate a carbone (ma anche quelle a gas) perderanno competitività
Sono 5 le centrali a carbone che potrebbero chiudere già prima di metà decennio
(Rinnovabili.it) – Già entro il 2025, cinque delle 16 centrali a carbone dell’Australia potrebbero essere costrette a chiudere i battenti. Non per una scelta verde del governo, ma perché messe fuori mercato dalla competizione con le fonti rinnovabili. Una transizione energetica che quindi potrebbe avere tempi accelerati rispetto a quanto l’esecutivo ha stimato finora.
Lo scrivono in un rapporto appena pubblicato due aziende di consulenza, la Green Energy Markets e l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis. Secondo i calcoli degli analisti, la capacità installata nei prossimi 5 anni di eolico e solare sarà superiore alle aspettative. I parchi costruiti tra il 2018 e il 2025 nel complesso aggiungeranno 28GW.
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Entro il 2025, infatti, il rapporto prevede che saranno installati 8 GW di solare utility-scale, 12 GW di eolico e 22 GW di tetti solari. Nel complesso, le fonti rinnovabili dovrebbero fornire tra il 40 e il 50% del fabbisogno elettrico nazionale entro la metà di questo decennio.
A fronte di questa galoppata delle rinnovabili, la produzione delle centrali elettriche a carbone e gas sarebbe costretta a diminuire, rispettivamente, del 28% e del 78% nei sette anni considerati. Questo significa che alcune centrali a carbone dovrebbero chiudere prima del previsto. “Le energie rinnovabili in entrata avranno anche un impatto deflazionistico sui prezzi all’ingrosso dell’elettricità, riducendo ulteriormente la redditività degli impianti esistenti”, spiega il rapporto.
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Almeno una è data per certa dagli autori del rapporto. Si tratta della centrale di Liddell, nella Hunter Valley, che potrebbe spegnersi definitivamente già nel 2023. “Gli sforzi per mantenere a galla le centrali a carbone non flessibili, per non parlare della costruzione di nuovi impianti, rischiano di essere controproducenti in termini sia di accessibilità energetica che di affidabilità, oltre ad essere contrari agli impegni sia del governo federale che di quello statale per far fronte al rischio climatico”, concludono gli autori del rapporto. Spedendo al governo un messaggio molto chiaro: “Piuttosto che cercare di ritardare o addirittura negare l’inevitabile uscita del carbone, i governi, così come gli investitori, devono pianificare di sostituirli”.