(Rinnovabili.it) – Chiusura temporanea per Centro Olio Val d’Agri dell’Eni. Dopo che lo scorso sabato, la Basilicata ha deliberato la sospensione di tutte le attività dell’impianto di Viggiano, la società annuncia oggi l’avvio alle procedure per il fermo. Una decisione, spiega la compagnia in una nota stampa, presa “per rispetto delle posizioni espresse dal territorio, dal presidente della Regione e dalla Giunta Regionale”.
Ma per capire come si è arrivati allo stop odierno, è necessario fare qualche passo indietro fino ai primi sversamenti accertati dalla centrale dove oggi si lavorano decine di migliaia di barili di petrolio. L’incidente ha attivato un controllo serrato da parte dell’Arpab mostrando la presenza, “molto cospicua”, di manganese e ferro e anche di idrocarburi policiclici aromatici. Le attività di monitoraggio effettuate dall’Agenzia regionale hanno evidenziato anche la migrazione della contaminazione, causata dallo sversamento dei serbatoi del Cova, richiamando l’amministrazione lucana ad una riunione straordinaria. La Regione ha intimato la sospensione del centro motivandola con la mancata adozione, da parte di Eni, di misure preventive e di ripristino connesse all’attività avendo già chiesto in passato alla società di intervenire sia per quell’inquinamento sia per bloccare tre dei quattro serbatoi all’interno del Centro Olio Val d’Agri risultati privi del doppio fondo.
Spiega Pio Abiusi, presidente dell’Associazione Ambiente e Legalità: «Oggi si scopre che lo stoccaggio del greggio trattato, in attesa di essere immesso nella rete dell’oleodotto, avviene in 4 serbatoi e che uno solo ha il doppio fondo mentre della rete che trasporta il greggio fino ai serbatoi non si conosce un bel nulla […] Sono tutti aspetti che nel corso degli anni si sarebbero dovuti analizzare e non lo si è fatto ed adesso da pozzetti di ispezione esterni all’impianto e che conducono le “cosiddette” acque chiare o semioleose all’impianto di trattamento consortile si è scoperto l’esistenza di idrocarburi che non dovevano esserci. Il pozzetto ha fatto la “spia”».
Eni, che aveva in primo momento scartato l’idea di un fermo dell’impianto, rassicura di aver adempiuto tutte le prescrizioni imposte dagli enti competenti che – aggiunge – «sono sempre stati tenuti informati sulle attività di intervento e di monitoraggio ambientale in corso».
Ma le preoccupazioni crescono, soprattutto sull’urgenza delle attività di caratterizzazione per una puntuale bonifica dell’area. Sostiene in pieno la scelta regionale, Legambiente Basilicata che oggi ricorda come sia urgente «il ripristino di una condizione – degna di uno stato civile – di legalità e trasparenza, una quantificazione e perimetrazione del fenomeno del danno ambientale procurato dell’attività estrattiva, l’avvio di programmi di bonifica e, soprattutto, di compensazione socio-ambientale sono le esigenze strategiche del territorio. La decisione di sospendere l’attività deve rappresentare un punto di non ritorno, la salute e l’ambiente della Basilicata prima di qualsiasi altro interesse: finalmente».