L’Opec non taglierà la produzione di petrolio per far salire i prezzi, in caduta libera e ai minimi dal 2009 (55 dollari al barile). È guerra senza quartiere con gli USA
(Rinnovabili.it) – Nessun taglio della produzione di petrolio. Così l’Opec ha deciso di muoversi nei prossimi sei mesi, gettandosi a piedi pari in una guerra senza quartiere con i concorrenti. Dunque il cartello, dal quale sono esclusi grandi produttori come il Canada e, soprattutto, gli Stati Uniti (che hanno innescato la guerra dei prezzi) non reagirà. O meglio, ha deciso di reagire aumentando la produzione invece di tagliarla, fatto che avrebbe portato a un rimbalzo del prezzo del barile, sceso del 40 per cento in sei mesi (oggi è a 55 dollari). Ora il petrolio è ai minimi dal 2009, ed è tutta “colpa” degli Stati Uniti, il cui massiccio sviluppo del fracking dal 2005 ad oggi ha fatto sì che il Paese riducesse drasticamente la dipendenza dalle importazioni.
La corsa all’autarchia a stelle e strisce mira a un obiettivo preciso: diventare esportatore netto il prima possibile. Già oggi infatti si discute di far saltare il blocco all’export deciso nel 1974. Già oggi, infatti, si prepara l’abbordaggio ai lidi europei con il trattato di libero scambio Ttip, e già un ponte è stato gettato con il Ceta (trattato bilaterale fra Ue e Canada, ratificato da un paio di mesi). La politica energetica aggressiva degli Stati Uniti non poteva che scontrarsi con gli interessi dell’Arabia Saudita, che da primo produttore al mondo è scivolata sul secondo gradino del podio, sopravanzata proprio dagli USA.
Ma il fracking non durerà in eterno. Per sostenere questa tecnica sono necessari investimenti molto più alti di quelli necessari all’estrazione di idrocarburi convenzionali. Presto la bolla del gas scoppierà con fragore, svuotando le tasche degli ultimi investitori incauti. Per i sauditi è dunque strategico cercare di non tagliare la produzione, ma anzi sostenerla in un momento complicato: potrebbero così centrare due bersagli: indebolire gli alleati – Russia e Iran – e andare al testa a testa con gli avversari americani con la volontà di vincere. Le più grandi riserve al mondo si trovano pur sempre in terra araba, e alla lunga gli sceicchi pensano di spuntarla. Nonostante tutto, l’Opec si ritiene totalmente insoddisfatta del crollo dei prezzi e, come spiega il segretario generale Abdullah al-Badri, «spera di assistere ad un rimbalzo del prezzo per la fine della seconda metà del 2015».