Accenture e World Economic Forum hanno classificato 124 Paesi in base alla loro capacità di fornire energia sicura, accessibile e sostenibile. Sul podio, Norvegia, Nuova Zelanda e Francia
(Rinnovabili.it) – Crescita economica, sostenibilità ambientale e sicurezza energetica: questi i tre parametri che definiscono le performance energetiche dei Paesi secondo l’indice elaborato dal World Economic Forum (WEF).
Il Global Energy Architecture Performance Index Report 2014, ovvero il rapporto che tiene conto delle l’impegno delle varie nazioni su questo fronte è realizzato periodicamente dal WEF in collaborazione con la società d’analisi Accenture. Nato con il preciso intento di stimolare l’impegno mondiale nell’affrontare le sfide e le opportunità energetiche in modo innovativo, l’indice analizza anche le interazioni tra i diversi Paesi e i gradi di dipendenza che influenzano i singoli sforzi, al fine d’avere un quadro più esaustivo possibile. Si scopre così le prime dieci posizioni sono dominate da paesi UE e OCSE (con l’eccezione di Costa Rica e Colombia), nazioni in cui il 41% dell’energia proviene da fonti energetiche a basse emissioni di carbonio. Sul podio, la Norvegia seguita dalla Nuova Zelanda e dalla Francia.
“La ricchezza di risorse o lo sviluppo economico da soli non garantiscono importanti risultati nell’Indice”, spiega Roberto Bocca – Senior Director, Responsabile delle Industrie Energetiche del World Economic Forum. “Per un sistema energetico efficace, i paesi devono focalizzarsi su tutti e tre gli aspetti del triangolo energetico: sostenibilità ambientale, sicurezza delle risorse e accessibilità”.
Tra i dati più interessanti: il Brasile, classificatosi al 22° posto, è il paese con le migliori prestazioni di questa categoria, con l’estrazione del 50% di PIL in più per unità di utilizzo energetico rispetto alla media degli altri paesi BRICS, mentre la Cina (82° posto), il maggiore consumatore al mondo di energia, è riuscita ad aumentare l’accesso all’energia della sua popolazione, ma continua a lottare con importazioni energetiche e livelli di inquinamento in aumento.
Anche il Costa Rica merita una nota di riguardo essendo uno dei soli due paesi a reddito medio superiore a classificarsi fra i primi 10. Il merito? Una strategia governativa, che promuove la trasformazione del sistema energetico e mira alle zero emissioni di anidride carbonica e ad una produzione energetica al 99% rinnovabile.
Infine il report rileva che molti paesi in via di sviluppo lottano ancora per soddisfare le esigenze energetiche di base dei propri cittadini, fornendo energia a meno del 50% della popolazione totale. Il documento evidenzia inoltre le eccessive dipendenze di molti sistemi energetici, con il 32% dei paesi che dipende dalle importazioni per soddisfare più della metà del proprio fabbisogno energetico. Tuttavia, il commercio energetico può influenzare positivamente sia i paesi importatori che quelli esportatori, ma può anche porre rischi economici e di sicurezza dell’energia, in particolare quando abbinato alla dipendenza da pochi partner commerciali.
Italia
L’Italia si colloca alla 49a posizione su 124 nella classifica generale, e al 26° posto nell’UE28, davanti solo a Cipro e Malta. Un risultato poco incoraggiante a cui si aggiunge quello dell’indice di Economic Growth and development, dove il Belpaese si classifica al 60° posto.
Nonostante l’economia italiana risulti avere oltre 12 US$ PIL/unit of energy (simile a Regno Unito e Spagna), impone tra le più alte tasse su benzina e gasolio a livello globale e i suoi prezzi dell’energia risultano tra i più alti tra i paesi UE. Come negli altri paesi Europei, anche in Italia ci sono stati importanti investimenti nello sviluppo delle energie rinnovabili, attraverso incentivi come la “Tariffa Onnicomprensiva” o il “Conto Energia”. Sebbene questi investimenti su grande scala abbiano accresciuto la disponibilità di energie rinnovabili in Italia, hanno anche portato ad alcuni problemi sulla sostenibilità economica a lungo termine, con inevitabili ricadute sui consumatori, specialmente in un periodo di recessione come quello attuale.