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L’Oregon dice addio per sempre all’energia del carbone

Il Beaver State è il primo stato americano a mettere al bando l'uso dell'energia prodotta dalle centrali termoelettriche a carbone entro il 2035

L’Oregon dice addio per sempre all’energia del carbone

 

(Rinnovabili.it) – Elettricità dal carbone? Per l’Oregon la risposta è “no grazie”. Lo Stato dei castori ha deciso di mettersi a dieta dall’energia sporca e, in una mossa senza precedenti negli USA, ha approvato una legge che metterà definitivamente al bando le tradizionali centrali termoelettriche entro il 2035.

In realtà la nuova legislazione – deve ancora essere firmata dal Governatore dal governatore Kate Brown – porterà a una modifica profonda di tutto l’impianto di produzione dell’energia nel territorio. Una volta in vigore richiederà alle due più grandi utility, la PacifiCorp e la Portland General Electric di eliminare gradualmente l’elettricità ottenuta dal carbone entro i prossimi 14 anni e di raddoppiare invece l’utilizzo di fonti rinnovabili entro il 2040.

 

In questo momento, l’Oregon ottiene dal carbone circa un terzo della sua energia elettrica, ma in gran parte è prodotta fuori dai suoi confini, dalle centrali di stati come il Wyoming e il Montana. Il disegno di legge appena approvato chiede alle società energetiche statali di smettere di comprare elettricità da quegli impianti. I soldi dovranno essere impiegati piuttosto per espandere il loro uso delle energie rinnovabili nei prossimi 25 anni.

 

“E’ un grande, grande risultato”, ha commentato Andrea Durbin, direttore esecutivo del Consiglio Ambientale dello Stato Durbin. “Anche se non siamo in grado di chiudere le centrali a carbone al di fuori dell’Oregon, si tratta di un enorme passo avanti nel rendere meno conveniente e più difficile per gli impianti a carbone operare a lungo termine”.

 

Secondo i critici però il disegno di legge avrebbe due lati negativi non completamente trascurabili. Da una parte farebbe aumentare la bolletta energetica per le famiglie, dall’altra non chiuderebbe effettivamente le centrali termoelettriche attive nel territorio che forniscono la loro elettricità agli stati confinanti. La Pacific Power, però è ottimista: secondo il suo vice presidente Scott Bolton il cambiamento comporterebbe un aumento dei costi di meno dell’1% l’anno fino al 2030 e ridurrebbe l’inquinamento di carbonio di 30 milioni di tonnellate. Il progetto contempla anche provvedimenti che consentirebbero alle utility di rallentare sugli obiettivi nel caso i prezzi dell’energia elettrica dovessero salire di oltre il 4 per cento o dovesse mettere a rischio l’affidabilità della rete.