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Nucleare: Tepco non riesce a bonificare Fukushima

La compagnia che gestiva la centrale nucleare che ha generato il disastro del 2011 non riesce a rispettare le scadenze per bonificare il sito

Nucleare Tepco non farà in tempo a bonificare Fukushima

 

(Rinnovabili.it) – Ricordate la Tepco, la compagnia giapponese che gestiva l’impianto nucleare di Fukushima? È la stessa che, per anni, ha falsificato i controlli di sicurezza presso la centrale, una centrale che era a rischio già nel 1985, quando i valori della temperatura di raffreddamento era fuori scala. Oggi, la Tokyo Electric Power Co. fa parlare nuovamente di sé. E non in bene. Non rispetterà, infatti, la deadline per rimettere l’impianto in sicurezza. La scadenza, fissata alla fine di marzo, non era nemmeno stata forzata dall’esterno: Tepco se l’era autoimposta. Oggi però, ha fatto sapere che non sarà in grado di completare la decontaminazione dell’acqua nei tempi stabiliti. Un’acqua che contiene sostanze altamente radioattive.

 

L’ammissione, battuta dalle principali agenzie mondiali, rappresenta un ennesimo freno nella lotta per tentare di gestire l’acqua contaminata che in gran parte è stata riversata in serbatoi costruiti troppo in fretta.

Il presidente della compagnia atomica, Naomi Hirose, ha fatto visita ai funzionari della Authority per il regolamento nucleare per segnalare che la società non sarebbe stata in grado di mettere in sicurezza tutta l’acqua contaminata entro la fine di marzo, come promesso.

«Mi dispiace molto di non essere in grado di mantenere la promessa fatta al processo», ha detto Hirose, aggiungendo che «al ritmo che stiamo tenendo adesso completeremo le operazioni entro la metà di maggio».

Tepco ha combattuto una battaglia quotidiana contro l’acqua contaminata da quando Fukushima è stata colpita da un terremoto e uno tsunami nel marzo 2011, con tre reattori nucleari che hanno subito danni.

 

L’acqua viene rovesciata sopra i reattori danneggiati, per tenerli abbastanza in fresco ed evitare ulteriori emissioni radioattive. Ma dopo il contatto con l’uranio fuso finisce nei sotterranei. Il problema è che si mescola con le acque che filtrano nel seminterrato, e così servono altre operazioni di pompaggio, trattamento e stoccaggio. Il processo è stato rallentato da passi falsi e perdite che hanno frustrato molti sforzi per contenere l’acqua. La completa disattivazione dell’impianto dovrebbe richiedere decenni.