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Nucleare e tsunami: una mappa evidenzia le aree a rischio

(Rinnovabili.it) – La potenza distruttiva dello tsunami che in data 11 marzo 2011 ha colpito il Giappone ha lasciato la popolazione mondiale senza parole. Ma la devastazione non si è fermata alla forza dell’acqua scatenata da un potente terremoto a largo delle coste dell’isola, il più intenso che abbia mai colpito il Giappone, nono grado della scala Richter.

L’onda anomala oltre a distruggere città e campi coltivati e causato al morte di oltre 20mila persone ha procurato il danneggiamento della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, evento che ha messo in evidenza la criticità di alcune aree che, ospitando centrali nucleari, sono potenzialmente esposte a danni maggiori in caso di eventi atmosferici.

Un gruppo di scienziati ha per questo messo in evidenza una serie di aree ad alto rischio dove si spera possano essere rafforzati i piani di sicurezza in modo da scongiurare ulteriori catastrofi.

 

 

“Abbiamo a che fare con la prima visione al mondo della distribuzione globale di centrali nucleari civili situate sulla costa ed esposte a tsunami”, ha spiegato José Manuel Rodríguez-Llanes, co-autore dello studio e ricercatore presso il Centro per la ricerca sulla epidemiologia delle catastrofi (CRED) dell’Università Cattolica di Lovanio in Belgio. Lo studio, realizzato utilizzando dati storici e documenti archeologici, è corredato da una mappa che mette in evidenza le aree con maggiore rischio tsunami. Dal documento emerge una condizione di grave rischio per 23 centrali per un totale di 74 reattori, uno di questi è appunto Fukushima. Del totale degli impianti 13 sono attivi per un totale di 29 reattori mentre altre 4 centrali (20 reattori) sono in fase di espansione e ulteriori 7 sono in fase di costruzione per un totale di 16 reattori. Secondo Debarati Guha-Sapir, co-autore dello studio e ricercatore del CRED, “l’impatto della catastrofe naturale sta peggiorando a causa della crescente interazione con impianti tecnologici”.

La posizione degli impianti nucleari, rivela infatti lo studio, non ha solo implicazioni per i paesi che li ospitano ma anche per le aree che potrebbero essere influenzate dalle fughe radioattive.

 

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