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Non spegnete il nucleare: così il capo della IEA si aggrappa all’atomo

Nella sola Europa, l'uso dell'energia nucleare potrebbe passare dal 25% al 4% nei prossimi venti anni. Il trend preoccupa il direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale dell'Energia, Fatih Birol, che non fa i conti, tuttavia, con i problemi ancora aperti

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Credits: Markus Distelrath da Pixabay

L’esclusione dell’energia nucleare dal mix energetico preoccupa la IEA, che denuncia i governi e le loro false promesse.

 

(Rinnovabili.it) – Il declino dell’energia nucleare minaccerebbe la sicurezza energetica e gli obiettivi climatici. Questo è quanto afferma Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). A detta del CEO della IEA, l’aumento dei costi, le preoccupazioni sulla sicurezza e la battuta d’arresto nel campo della ricerca tecnologica sono state le conseguenze del disastro globale di Fukushima (2011) e rappresenterebbero una seria minaccia per quegli Stati (e le loro economie) che vorrebbero intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni.

 

Le preoccupazioni di Birol riguardano la sempre più crescente esclusione del nucleare dal mix energetico dei governi, che nella sola Europa potrebbe precipitare nei prossimi 20 anni al 4% dal 25% attuale, con enormi conseguenze sia per le emissioni che per le economie. Il Giappone è rimasto senza energia nucleare per quasi due anni dopo Fukushima, e da allora la Germania si è impegnata a spegnere tutti i suoi reattori entro il 2022 e persino la Francia, il secondo più grande utilizzatore nucleare al mondo, ha in programma di ridurne la dipendenza al 50% entro il 2035, aumentando le energie rinnovabili.

 

Al contempo, sottolinea Birol, a livello globale la quota di inquinanti dovuta all’uso di combustibili fossili rimane allo stesso livello degli anni ’90, con le emissioni che hanno raggiunto un livello record nel 2018. Secondo il CEO dell’IEA, questo stato di cose rappresenta una profonda dissociazione in seno ai governi rispetto alla politica energetica: da un lato, dichiarazioni di impegni concreti per la lotta ai cambiamenti climatici e, dall’altro, l’esclusione di una fonte che – a suo dire – potrebbe svolgere un ruolo importante rispetto alla riduzione delle emissioni.

 

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Infatti, per sopperire al lento calo del comparto nucleare e combattere le emissioni, uno studio dell’IEA stima che le installazioni di fonti rinnovabili dovrebbero aumentare di 5 volte rispetto agli attuali trend, con un costo complessivo di 1.600 miliardi di dollari.

 

Tuttavia, molti problemi legati al nucleare continuano a rimanere irrisolti. Si tratta, principalmente, di tre grandi questioni: la sicurezza delle centrali, lo smaltimento delle scorie e la vulnerabilità del nucleare rispetto ad azioni di terrorismo e guerra. Secondo gli esperti, se da una parte la ricerca tecnologica richiede del tempo per dare una risposta a questi tre interrogativi, gli investimenti e i costi delle rinnovabili dipendono in gran parte da questioni di volontà politica, attraverso cui i governi potrebbero seriamente impegnarsi per creare condizioni di mercato adatte a rendere le fonti di energia rinnovabile più competitive. Soprattutto attraverso un calcolo costi e benefici sul medio/lungo periodo e in termini non solo economici, ma anche sociali e ambientali.

 

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