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Rinnovabili marine nel Mediterraneo. Verso un nuovo paesaggio

Rinnovabili marine
Foto di Pexels da Pixabay

di Riccardo M Pulselli

(Rinnovabili.it) – Nel suo “Breviario Mediterraneo” (Garzanti, 1987), Predrag Matvejevic espone una serie di osservazioni su alcuni tratti caratterizzanti del paesaggio attraverso una narrazione scarna e realistica. Molto semplicemente, il testo espone un’ampia tassonomia di fattori identitari del Mediterraneo, tra i quali sono menzionati porti, moli, banchine, bitte, attracchi, argani, cime, boe, fari, depositi, mercati e relitti. Anche odori e materiali, come la canapa o il catrame, rientrano in questa lista. La lettura restituisce una fotografia autentica che, lontana dall’assomigliare ad una cartolina, non trascura i contrasti tra gli elementi naturali e umani, entrambi presenti in un paesaggio costiero e marino fortemente antropizzato.

Lo sfruttamento di energie rinnovabili marine riapre il dibattito sul tema del paesaggio mediterraneo come o più di altre tecnologie rinnovabili. Di fatto, la ricerca sulle cosiddette blue energy non si limita ad un fattore tecnologico ma impone un approccio più ampio. Ad oggi, le barriere allo sviluppo di queste soluzioni nel Mediterraneo, oltre alla maturità e adattabilità dei sistemi e alla profittabilità economica, sono relative alle procedure autorizzative, alla convivenza con altri settori economici in ambito marittimo, alla sostenibilità ambientale, accettabilità sociale e compatibilità paesaggistica. Possono le blue energy entrare nel paesaggio mediterraneo con la dovuta consapevolezza?

Il progetto Interreg MED Blue Deal coinvolge 12 partner tra università e enti di ricerca (coordinato dall’Università di Siena), business centres, agenzie per l’energia, amministrazioni e PMI, per trasferire le conoscenze in materia di blue energy e promuovere il loro impiego nel Mediterraneo, a partire da una semplice classificazione.

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I convertitori del moto ondoso onshore sono sistemi integrati nei moli. Il movimento verticale delle onde all’interno di cassoni di cemento comprime e decomprime l’aria nella camera e, spingendola attraverso condotti, aziona turbine eoliche; analogamente, il moto ondoso può far oscillare corpi galleggianti fissati ai moli e generare energia dalla compressione di pistoni idraulici, oppure spingere l’acqua attraverso rampe oblique a quote più alte rispetto al livello del mare e alimentare in caduta impianti micro-idroelettrici. Queste tecnologie sono appetibili in combinazione con la costruzione di nuovi moli, ad esempio in piani di espansione dei porti, nonostante rese ancora incerte (si stimano 500 MWh/anno per 100 m di molo).

Tra i sistemi onshore sono di particolare interesse le soluzioni che sfruttano lo scambio termico con l’acqua marina con l’ausilio di pompe di calore. Questi impianti già ampiamente testati possono soddisfare la domanda energetica per la climatizzazione di edifici costieri, come ad esempio residenze, strutture ricettive o servizi, con buoni coefficienti di performance (CoP > 4). Altre tecnologie meno sviluppate sono spesso abbinate a impianti di dissalazione per generare elettricità da processi di elettrodialisi inversa.

I convertitori del moto ondoso near-shore assumono una valenza molto particolare nel Mediterraneo. L’impiego di boe fissate sul fondo marino e connesse a generatori sommersi mostra potenziali interessanti. A fronte di operazioni di installazione e manutenzione agevolate dalla relativa vicinanza alla costa, la generazione elettrica può essere profittevole soprattutto in caso di disposizioni di boe in raggruppamenti numerosi o in linea, ad esempio in sostituzione di classiche boe di segnalazione o delimitazione di aree marine protette (stimati tra 1000 e 1500 MWh/anno per un cluster di 25 boe). 

Le macro-alghe sono sfruttabili per scopi energetici, ad esempio per la produzione di biogas o di bio-etanolo attraverso processi di raffinazione. Queste pratiche diffuse nel nord Europa non sembrano trasferibili nel Mediterraneo dove la biomassa marina è una risorsa più limitata nella crescita e non abbastanza efficiente in termini di resa energetica. L’opportunità si presenta tuttavia in combinazione con impianti di acquacoltura con il risultato di catturare i nutrienti in eccesso e contenere effetti di eutrofizzazione. 

Tra i convertitori del moto ondoso offshore possono essere individuate soluzioni con boe che incorporano un generatore elettrico nel galleggiante. L’impiego di queste tecnologie si addice ad aree marine con potenziali energetici significativi. Le stime di produttività sono ancora variabili. Altre tecnologie sommerse per lo sfruttamento delle correnti marine hanno impieghi limitati nel Mediterraneo; aree dove si riscontrano velocità oltre la soglia minima di 2.5 m/s  sono presenti solo in prossimità degli stretti di Messina e di Gibilterra. L’impiego di questi dispositivi ha il vantaggio di non produrre impatti visivi ma impone approfondimenti su possibili interferenze con la fauna marina.

Una prospettiva che alimenta una discussione diffusa riguarda lo sviluppo di impianti eolici offshore. Nel caso del Mediterraneo, questi possono rappresentare un’opportunità molto appetibile, ad esempio considerando la minore intensità e frequenza di eventi climatici avversi con rischio di danneggiamento delle strutture rispetto ai contesti del mare del Nord. Vista la batimetria variabile e profonda del Mediterraneo, una interessante opzione deriva dall’istallazione di turbine eoliche su piattaforme galleggianti. L’alta maturità della tecnologia eolica rende queste soluzioni economicamente sostenibili ma pone la questione della compatibilità con il paesaggio marino. In merito, tra i fattori che rendono l’eolico offshore flottante una soluzione appetibile c’è la facilità di disinstallazione o delocalizzazione. Inoltre, la scala percettiva del mare, per la sua vastità, contribuisce a limitare l’impatto paesaggistico di grandi turbine eoliche rispetto alla loro collocazione in paesaggi terrestri. 

Blue Deal non ha dunque lo scopo di investigare le problematiche ingegneristiche legate allo sviluppo delle tecnologie per lo sfruttamento delle energie rinnovabili marine ma, affidandosi a prototipazioni già esistenti, indaga la sostenibilità del loro sviluppo nel delicato contesto Mediterraneo. Una constatazione fondamentale alla base della ricerca è legata agli obiettivi climatici europei e nazionali; l’Italia è impegnata con l‘Europa nella riduzione delle emissioni di gas serra per realizzare il primo continente carbon neutral entro il 2050 e, come indicato nella Strategia Energetica Nazionale (2017), intende alimentare la rete elettrica nazionale esclusivamente da fonti rinnovabili entro lo stesso anno. È necessario pertanto acquisire la consapevolezza che la transizione energetica avrà inevitabilmente implicazioni di natura sociale e ambientale e non soltanto tecnologica. Di fronte a questa prospettiva, come potrà cambiare il paesaggio terrestre e marino nazionale? Quali azioni occorre implementare per controllare e rendere efficace questa transizione anche in chiave paesaggistica? 

Sistemi integrati di generazione energetica da fonti rinnovabili, connessi a smart grids locali, potranno diventare una realtà e portare ulteriori elementi di complessità nel già articolato paesaggio Mediterraneo. L’accettabilità sociale di questo cambiamento diventa un fattore cruciale per la realizzazione di una transizione energetica che è, prima di tutto, una transizione culturale. Blue Deal opera in questo ambito. Attraverso processi partecipati e il coinvolgimento di portatori di interesse, da amministrazioni a imprese e cittadini, costituisce Alleanze per le Blue Energy e, integrando varie competenze, costruisce capacità e consenso intorno all’impiego delle energie marine. Come per gli artefatti descritti da Matvejevic nel suo Breviario, le blue energy potrebbero essere annoverate in un prossimo futuro tra gli elementi identitari del paesaggio Mediterraneo.

di Riccardo M Pulselli (Indaco2) 

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