(Rinnovabili.it) – Appena un mese dopo aver ratificato l’Accordo di Parigi sul clima, la Germania ha annunciato che non rinuncerà alla lignite prima del 2040. La conferma arriva dal ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel: le centrali alimentate con il brown coal “non saranno in nessun caso spente durante il prossimo decennio, e a mio parere nemmeno in quello successivo”.
Berlino sta approntando con fatica un piano per la transizione energetica. La decisione di chiudere le centrali nucleari del paese entro il 2022 sta spingendo il governo a riconsiderare i tempi di phase out del carbone, che è diventato il pilastro su cui puntare. Il settore rappresenta ancora circa il 40% della produzione elettrica in Germania e la lignite in particolare gioca un ruolo di primo piano: nel 2015 pesava ancora per ben un quarto dell’elettricità generata (circa 20 GW). Venendo meno il nucleare, la lignite è rimasta l’unica fonte a basso costo, l’unica in grado di competere con le rinnovabili. Così il governo, per evitare i problemi legati all’intermittenza di eolico e solare, non ha molti motivi per abbandonarla.
La lignite, però, è anche una fonte estremamente inquinante: emette un terzo di CO2 in più dell’antracite e tre volte in più del gas naturale. La transizione energetica tedesca quindi rischia di non riuscire a tagliare le emissioni di anidride carbonica secondo i piani: meno 40% entro il 2020, meno 95% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050.
Se tutto ciò non bastasse, esiste un’altra ragione che spinge la Germania a non abbandonare lignite e carbone. Dall’anno scorso infatti Berlino è in over capacity e esporta il surplus generato da carbone soprattutto in Austria, Olanda, Francia e Svizzera. L’effetto di questa dinamica di mercato è quello di abbassare i prezzi nei paesi limitrofi, quindi erodere i margini di profitto delle centrali locali, in particolare di quelle a gas. Così il carbone diventa la fonte più economica anche all’estero e vengono vanificati gli sforzi nella riduzione della CO2 anche di altri paesi.
Un quadro che fa apparire ben poca cosa la promessa tedesca di chiudere le 8 centrali a lignite più inquinanti, tra ottobre 2016 e ottobre 2019, peraltro tenendole in stand by con un meccanismo di capacity reserve: soldi alle centrali più inquinanti per la potenza che potrebbero mettere a disposizione qualora la produzione delle rinnovabili fosse troppo irregolare, al fine di dare “sicurezza” al sistema. Così Berlino punta a tagliare 11-12,5 mln di t di CO2 l’anno fino al 2020.