Solo in Italia nel 2011 la corruzione ha sottratto ben 900 milioni di euro di investimenti alle energie rinnovabili
(Rinnovabili.it) – E’ una cifra impressionante quella che la corruzione “ruba” in termini di investimenti alle energie rinnovabili: 900 milioni di euro, pari al reddito annuo di 27.000 nuclei familiari e pari a 2,5 milioni di megawatt prodotti da fonti rinnovabili. I dati sono stati presentati questa mattina, a Milano, durante il Forum nazionale del progetto Green CleanMarket, realizzato da Transparency International Italia nell’ambito della Siemens IntegrityInitiative e sono contenuti nella ricerca “Corruzione e Frode nella Green Economy”.
A livello globale si stima che la corruzione pesi per circa il 5% del PIL mondiale (oltre un miliardo di dollari pagato in tangenti). Se guardiamo solo all’Europa la corruzione impatta sull’economia interna per circa 120 miliardi di euro all’anno, che corrispondono a un 1% del PIL. In Italia varrebbe attualmente 60 miliardi di euro.
Uno scenario sconfortante,soprattutto se si considera che l’Italia è il quarto paese al mondo a sostenere le rinnovabili (dopo Germania, Cina e USA) e che in termini economici nel solo 2011 il settore delle rinnovabili ha visto investimenti per 24 miliardi di euro a cui vanno aggiunti circa 6,3 miliardi di euro di incentivi, quasi completamente prelevati dalle bollette degli utenti.
Lo sviluppo stesso delle energie rinnovabili rappresenta un’importante opportunità economica, sociale e ambientale per il nostro paese e sono stati proprio i flussi di denaro che hanno avvolto le FER (energie rinnovabili) a sollecitare gli interessi di soggetti spregiudicati, sia pubblici che privati, che hanno saputo sfruttare le opportunità e le vulnerabilità intrinseche al sistema, per ottenere guadagni ingenti e rapidi a discapito della legalità e della concorrenza leale tra imprese. Emerge quindi dall’analisi che le criticità che causano le maggiori opportunità criminali sono connaturate sia alle scelte politiche e normative in ambito pubblico, sia all’assetto e alle regole del mercato. In particolare si evidenzia che manca una pianificazione energetica nazionale e questo determina un contesto instabile e incerto. Contemporaneamente, il sistema delle procedure autorizzative presenta un elevato rischio di esposizione alla corruzione e alla frode a causa della troppo alta discrezionalità e delle dinamiche legate ai tempi e ai modi delle decisioni stesse. A livello di mercato, poi, ci sono molte imprese che hanno intrapreso consapevolmente la strada dell’illegalità, sfruttando la possibilità di utilizzare schemi societari semplici da creare, ma difficili da identificare e ricostruire. Ed infine, last butnotleast, c’è una presenza attiva del crimine organizzato in grado di distorcere le regole del mercato.
Dalla ricerca emerge anche un altro fattore determinante e cioè che gli strumenti investigativi e giudiziari sono troppo deboli e incapaci di contrastare un fenomeno di questa portata.
Facile quindi dedurre che, in uno scenario di questo tipo, esiste il pericolo concreto e reale che sia compromesso l’intero mercato delle FER, con una ricaduta pesante sulle nuove fonti energetiche emergenti quali le biomasse.
Dunquein mancanza di misure volte a un reale controllo e a un severo contrasto del rischio di corruzione e frode, la ricerca mette in luce quelle che sarebbero le conseguenze nel medio periodo per il mercato delle energie rinnovabili:
– abuso dei fondi, sia europei che nazionali, stanziati per la sostenibilità energetica e lo sviluppo economico (anche perché la maggior parte dei fondi strutturali per le Regioni dell’obiettivo convergenza non è stata ancora erogata e rischia quindi di sostenere soggetti o attività criminali)
– riposizionamento sia del crimine organizzato che dei colletti bianchi dall’eolico e fotovoltaico verso nuove frontiere come biomasse e riqualificazione energetica
– sofisticazione degli schemi di riciclaggio, cui si contrappone una troppo debole attività di indagine e repressione
– perdita economica per lo Stato in termine di evasione, lavoro nero, fuga capitali all’estero
– crescente sfiducia da parte delle imprese nei confronti di un mercato inquinato da tangenti, mala amministrazione e eccesso di burocrazia
– un incremento significativo del ruolo della criminalità eco-finanziaria, soprattutto in una dimensione transnazionale
– un crescente e diffuso scetticismo tra gli investitori rispetto alla reale capacità e possibilità della Green Economy italiana di intraprendere un percorso di evoluzione e crescita finalizzato alla creazione di un modello industriale sano e stabile
– aumento drastico dei rischi per l’ambiente e le persone in termini di inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria.
Lo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia, quindi, si trova oggi in una zona grigia in cui è difficile distinguere il confine tra legalità e illegalità. Ci sono ingenti stanziamenti finanziari per il settore, ma le scelte politiche, amministrative, normative ed economiche non tutelano il mercato e i suoi attori, i cittadini e l’ambiente, ma relegano la prevenzione ed il controllo ad un ruolo marginale, intrinsecamente inefficace.
Il mercato è quindi troppo vulnerabile ed è oggi necessario affrancarsi dal sostegno pubblico per valorizzare la libera iniziativa che è capace di crescere in modo autonomo e responsabile. Servono regole semplici, ma chiare, che diano l’opportunità agli operatori di pianificare investimenti basati su una valutazione realistica delle opportunità del settore. In caso contrario, esiste il rischio concreto che le opportunità di crescita offerte dalla Green Economy si traducano in opportunità di natura criminale a favore di pochi e a discapito di tutti.