(Rinnovabili.it) – L’Italia è ancora molto, anzi troppo, dipendente dalle importazioni energetiche estere. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat e riferiti alla situazione europea a fine 2014, il Bel paese deve importare ben il 75.9% dell’energia che consuma. Peggio di noi fanno solo altri sei stati membri dell’Unione Europea, tre dei quali però sono isole.
La fotografia che ci regala l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea mostra però un elemento positivo: le importazioni italiane sono andate a decrescere a partire dal 2000, anno in cui abbiamo raggiunto il tasso di dipendenza energetica più alto in assoluto per il periodo 1990-2014, ovvero l’86.5%.
Eppure il risultato che mostriamo oggi è ben lontano dalla media europea, stabile sul 53,4% (che significa, in altre parole che l’Unione deve importare la metà dell’energia che consuma).
Ma se da un lato l’UE-28 è ancora un importatore netto, dall’altro ci sono realtà che hanno saputo fare a meno – in parte – delle “energy imports”: sul podio, Estonia (8,9%), Danimarca (12,8%) e Romania (17,0%). Seguono Polonia (28,6%), Repubblica Ceca (30,4%), Svezia (32,0%), Paesi Bassi (33,8%) e Bulgaria (34,5%).
All’estremità opposta della scala, i più alti tassi di dipendenza energetica sono stati registrati a Malta (97,7%), Lussemburgo (96,6%), Cipro (93,4%), Irlanda (85,3%), Belgio (80,1%) e Lituania (77,9%). I cinque Stati membri che consumano la maggior quantità di energia, ma sono nel contempo i meno dipendenti dalle importazioni sono invece: il Regno Unito (45,5%) e la Francia (46,1%).
“La dipendenza energetica nella UE è stata superiore nel 2014 rispetto al 1990, ma leggermente inferiore al suo punto più alto registrato nel 2008”. L’evoluzione però non è stata “costante tra il 1990 e il 2014, tuttavia, si è trovata costantemente al di sopra del 50% dal 2004”.
Quello che questi anni hanno evidenziato è invece, il calo della produzione di energia primaria. Nel 2013 ammontava a 790 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep), inferiore del 15,4 % rispetto a quella di dieci anni prima. “Tale tendenza generale – spiega Eurostat – può essere attribuita, almeno in parte, all’esaurimento delle fonti di materie prime e / o al fatto che i produttori giudicano antieconomico lo sfruttamento delle limitate risorse disponibili”.
Nel dettaglio nel 2013 la produzione di energia primaria nell’UE-28 proveniva da numerose fonti di energia differenti, la più importante delle quali in termini di quantitativi era l’energia nucleare (28,7% del totale). A seguire le fonti di energia rinnovabili (24,3%) che rappresentavano quasi un quarto del totale, mentre i combustibili solidi (19,7%, principalmente carbone) vi contribuivano per quasi un quinto e la quota del gas naturale era leggermente inferiore (16,7 %).