Rinnovabili • Tagli al fotovoltaico Rinnovabili • Tagli al fotovoltaico

È ufficiale: l’ISDS colpisce l’Italia per i tagli al fotovoltaico

L’uscita dell’Italia dalla Carta dell’energia? Un atto di spending review per il governo. Ma dietro c’è una procedura ISDS che potrebbe costarci cara

È ufficiale l'ISDS colpisce l’Italia per i tagli al fotovoltaico -

 

(Rinnovabili.it) – Il Ministero dello Sviluppo Economico aveva spacciato l’uscita dell’Italia dal Trattato sulla Carta dell’energia (ECT) come un atto di spending review. Ma il motivo è un altro: per la prima volta nella sua storia, il nostro Paese si trova invischiato in un ISDS, il temuto e opaco sistema di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati che oggi è pietra dello scandalo nel negoziato sul TTIP.

Le prove, scovate dalla campagna Stop TTIP Italia, sono reperibili sul sito dell’ICSID, il tribunale della Banca Mondiale che ospita casi di arbitrato internazionale. Qui si può osservare tutta la timeline del processo intentato da tre investitori – la belga Blusun S.A., il francese Jean Pierre Lecorcier e il tedesco Michael Stein – al nostro Paese. Fra l’altro, Lecorcier è indagato in Puglia per riciclaggio di denaro sporco tramite investimenti sulle rinnovabili. Il reato contestato all’Italia, invece, riguarda i sussidi al fotovoltaico. In un primo momento si era pensato a quelli contenuti nello Spalma Incentivi, la cui legittimità è stata contestata ieri anche dal Tar del Lazio. Ma la misura, contenuta nel Decreto Competitività convertito in legge nell’agosto 2014, sembra troppo recente, anche se annunci di ricorso all’arbitrato internazionale sono arrivati anche in quel caso. Potrebbe trattarsi invece di una denuncia legata al Decreto Romani del 2011. Il tribunale si è costituito infatti il 12 giugno 2014, due mesi prima della firma sul Decreto Competitività, con la francese Dentons Europe come consulente di parte per gli investitori. Altro indizio interessante: la Blusun S.A. è proprietaria in Italia della Eskosol per il 50% (l’altro 50% lo detiene Unicredit), società che ha affidato a Siemens la costruzione di un impianto fotovoltaico a Brindisi, investendo 400 milioni di euro in quella che doveva essere la più grande fattoria solare d’Europa. Un progetto bloccato dai tagli di Romani.

 

È ufficiale l'ISDS colpisce l’Italia per i tagli al fotovoltaico

 

Le carte processuali non sono pubbliche, e potrebbero non esserlo mai. Anche quando l’Italia, come è possibile, dovrà pagare risarcimenti per quel provvedimento. L’ISDS funziona così, fuori dal controllo democratico, gestito da corti di arbitrato private composte da esperti di diritto commerciale che, a porte chiuse, decidono se l’operato dei governi è conforme alle regole del commercio internazionale. E questo vale per qualsiasi normativa a tutela dell’ambiente o dei servizi pubblici (lo abbiamo spiegato qui). Soltanto nel 2014, i casi noti (esistono anche quelli ignoti) in cui le aziende hanno denunciato uno Stato sono 42. Il Trattato sulla Carta dell’Energia è diventato l’accordo che ha scatenato il maggior numero di cause, sorpassando il NAFTA (patto di libero scambio tra Canada, USA e Messico). Il numero totale di casi ISDS conclusi è 356 e i dati non sono incoraggianti. Il 37% delle cause sono state vinte dai governi, il 25% dagli investitori e nel 28% si è patteggiato. Questo significa che lo Stato, cioè milioni di contribuenti, ha dovuto fare concessioni a un investitore privato in più della metà dei processi. Numeri destinati a crescere: sommando ai casi chiusi quelli ancora aperti, infatti, il totale sale a 608, con 101 governi inquisiti in tutto il mondo. Tra essi, è ufficiale, anche quello italiano.

 

È ufficiale: l'ISDS colpisce l’Italia per i tagli al fotovoltaicoIl MiSE aveva dichiarato al Sole24Ore che l’uscita dall’Energy Charter Treaty avrebbe fatto risparmiare 370 mila euro l’anno: una cifra piuttosto risibile per giustificare l’abbandono di un accordo internazionale tra 49 Stati siglato nel 1994.

Tuttavia, pur uscendo dalla ECT, l’Italia – se condannata – pagherà lo stesso. Ai sensi dell’articolo 47 del Trattato, l’accordo resterà in vigore per 20 anni ancora dopo il recesso, applicandosi agli investimenti energetici effettuati prima della data di interruzione. Se il verdetto non sarà favorevole al nostro Paese, pertanto, le aziende verranno compensate con il denaro dei contribuenti. E sarà così per i prossimi 20 anni.

 

Perché l’Italia non si schiera apertamente contro l’ISDS? Le ragioni ci sarebbero: esso prevede la creazione di una giurisdizione parallela e privata ad uso delle aziende estere, con conseguente vantaggio competitivo sugli investitori locali, costretti a sporgere querela presso le corti ordinarie. Nell’arbitrato internazionale, inoltre, il pubblico può ricoprire soltanto il ruolo dell’imputato, mai dell’accusatore.

La prudenza italiana nel contrastare uno strumento in grado di ribaltare la struttura democratica di un Paese è dovuta ad interessi che vanno al di là dell’energia. Il sostegno incondizionato che Renzi ha giurato ad Obama sul TTIP, l’immenso accordo di libero scambio tra USA e UE in fase negoziale, è un buon indizio. Guarda caso, anch’esso dovrebbe contenere una clausola ISDS.