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Investimenti rinnovabili: perché i Paesi in via di sviluppo rallentano?

Nel 2018 l’energia pulita delle Nazioni in via di sviluppo ha attirato 133 miliardi di dollari, 36 miliardi in meno rispetto al 2017. Liberarsi delle fossili è estremamente difficile, nonostante la nuova capacità favorisca eolico e solare

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Credit: BNEF

Bloomberg New Energy Finance ha esaminato gli investimenti rinnovabili in 104 mercati emergenti 

(Rinnovabili.it) – Calano gli investimenti rinnovabili nei Paesi in via di sviluppo. Complice il pesante taglio ai sussidi della Cina e una tecnologia sempre più economica, nel 2018 l’energia pulita non è riuscita a superare né replicare i risultati finanziari dell’anno precedente. Non si tratta di una notizia completamente negativa ma è spia di un rallentamento in grado di danneggiare il ritmo di decarbonizzazione mondiale. A spiegarne il come e il perché è Climatescope, un’indagine annuale su 104 mercati emergenti condotta da Bloomberg New Energy Finance (BNEF ).

Secondo studio gli investimenti gli investimenti rinnovabili sono scesi a 133 miliardi di dollari dai 169 del 2017, il più grande declino netto degli ultimi anni. I 36 miliardi di dollari in meno possono essere collegati quasi tutti alla Cina, le cui nuove politiche energetiche hanno completamente stravolto il bilancio mondiale: in un solo anno infatti, gli investimenti in eolico e solare nella Repubblica popolare sono passati da 122 miliardi ad “appena” 86 miliardi di dollari.

In realtà il gigante asiatico non è l’unico ad aver chiuso il 2018 con un segno negativo. Piccoli cali si sono verificati anche in altri grandi mercati emergenti, come India e Brasile (rispettivamente meno 2,4 e meno 2,7 miliardi), dove però ha giocato un ruolo chiave l’abbassamento dei costi dei nuovi progetti.

 

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“I risultati dell’analisi Climatescope di quest’anno sono innegabilmente deludenti”, ha dichiarato Luiza Demôro, che gestisce il progetto per BNEF. “Tuttavia, a parte le nazioni più grandi, abbiamo assistito a sviluppi importanti e positivi in termini di nuove politiche, investimenti e nuovi flussi”. Escludendo Cina, India e Brasile, infatti, gli investimenti rinnovabili sono cresciuti a 34 miliardi nel 2018 dai 30 del 2017, principalmente in Messico, Marocco, Sudafrica e Vietnam. Un aumento che ha compensato le decrescite più piccole.

I risultati dell’indagine mostrano anche due tendenze in diretta opposizione fra loro: la quota più ampia della nuova capacità di generazione elettrica aggiunta in queste nazioni nel 2018 è stata fornita da eolico e solare. Tuttavia, la maggior parte dell’energia prodotta dalle centrali continua a provenire da fonti fossili. Cina a parte, i nuovi impianti ad energia pulita sono cresciuti del 21 per cento raggiungendo un nuovo record, con 36 GW commissionati nel 2018, rispetto ai 30 GW del 2017. E nonostante il picco della generazione fossile, secondo Climatescope, il ritmo della nuova capacità del carbone aggiunta alle reti nelle nazioni in via di sviluppo sta rallentando e la realizzazione di nuove centrali è scesa al livello più basso dell’ultimo decennio. La Repubblica popolare – fa notare BNEF – ha contribuito per circa due terzi a questo declino.

 

Nel complesso la situazione non è completamente negativa, ma gli analisti di Bloomberg sottolineano come sia necessario aumentare la velocità di decarbonizzazione energetica. Nel dettaglio, i risultati suggeriscono che sarà necessario un notevole lavoro aggiuntivo per soddisfare gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi. E soprattutto fanno notare un elemento chiave: dei 133 miliardi investiti nell’energia pulita solo 24 provenivano da finanziatori esterni ai Paesi emergenti, nonostante le nazioni ricche sia siano  da tempo impegnate a fornire 100 miliardi di dollari a queste realtà per favorire la crescita sostenibile.

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