
Al “Drill, Baby, Drill” di Donald Trump l’Europa dovrebbe rispondere con un sonoro “Plug, Baby, Plug”. Un piano da 90 miliardi di euro l’anno, 2.300 mld al 2050, per sbloccare la transizione energetica del continente adattando la rete elettrica UE agli obiettivi della neutralità climatica.
L’infrastruttura elettrica europea e le disparità nella progettazione del mercato sono diventate ostacoli significativi alla transizione energetica. Un dato rivelatore: i ritardi nello sviluppo della rete hanno creato un arretrato di oltre 800 GW di capacità eolica e solare in attesa di connessione, quasi il doppio dell’offerta attuale.
L’allarme, e la proposta di soluzione, arriva da un rapporto di Allianz Research, “Plug, baby, plug: Unlocking Europe’s electricity market”, che fa il punto sulle necessità di investimento, gli impatti attesi e le conseguenze di un’azione insufficiente.
Quantificare gli investimenti nella rete per la transizione energetica
La transizione del mercato elettrico dell’UE richiederà investimenti medi annuali di 90,8 miliardi e un totale di circa 2.300 mld entro il 2050, calcola il rapporto. Rispetto all’attuale investimento annuale di circa 60 miliardi, il fabbisogno finanziario fino al 2030 deve aumentare di almeno il 30% (18 miliardi all’anno). Dopo il 2030, ipotizzando un trend di investimento lineare, gli investimenti annuali si attesterebbero in media a 94 miliardi tra il 2030 e il 2050.
Tuttavia, avverte Allianz Research, per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040, sarà essenziale un’espansione più rapida delle energie rinnovabili all’inizio del prossimo decennio, con investimenti annuali che potrebbero superare i 100 miliardi fino al 2040.
Su cosa deve investire l’UE per adeguare l’infrastruttura elettrica
La rete di distribuzione richiederà la quota maggiore di questi investimenti, assorbendo almeno il 56% del finanziamento totale, con una stima di 220 miliardi entro il 2030. Germania, Francia e Italia presentano le maggiori necessità di investimento e rappresentano insieme il 50% degli investimenti nella rete di distribuzione.
L’infrastruttura di trasmissione, destinata ad espandersi del 28% entro il 2030, richiederà 694 miliardi entro il 2050. Oltre alle reti nazionali, la capacità di interconnessione e stoccaggio dovrà raddoppiare entro il 2030, aggiungendo 10 miliardi di investimenti annui.
Che impatto avranno questi investimenti?
Gli investimenti delineati nel rapporto potrebbero ridurre i prezzi finali dell’elettricità dell’11% già nel 2035 e del 30% nel 2040, stima Allianz.
L’aumento della capacità di interconnessione e stoccaggio, pur richiedendo 10 miliardi annui, genererebbe risparmi a lungo termine di 23 miliardi entro il 2050.
L’ottimizzazione della rete porterebbe anche a significativi miglioramenti nell’efficienza energetica. L’espansione dell’uso dei contatori intelligenti potrebbe ridurre i carichi di picco e le esigenze di stoccaggio, abbassando il consumo energetico domestico del 2-10%. Ad esempio, in Germania, i 10 TWh di energia rinnovabile ridotta nel 2023 avrebbero potuto essere utilizzati per produrre idrogeno verde, coprendo il 12% della domanda nazionale senza generazione aggiuntiva.
Inoltre, i veicoli elettrici dotati di ricarica bidirezionale potrebbero migliorare la stabilità della rete, ridurre la congestione e tagliare le emissioni dell’UE del 7%.
Senza adeguati aggiornamenti della rete, i costi di congestione sono destinati a salire dai 2,5 miliardi del 2019 a 12,3 miliardi entro il 2030 e a 56,7 miliardi entro il 2040. Questi costi si ripercuoterebbero sui prezzi dell’elettricità, con potenziali aumenti del 22% entro il 2030 e fino al 103% entro il 2040 in uno scenario business-as-usual.
Le ripercussioni economiche andrebbero oltre i prezzi dell’elettricità, minacciando la crescita del PIL e la competitività settoriale. La Germania, da sola, potrebbe affrontare perdite di PIL pari a 1.600 miliardi entro il 2050.
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