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Quando il fresco corre sottoterra, il teleraffrescamento in Italia

È online la quarta edizione del rapporto “Teleriscaldamento e teleraffrescamento in Italia", nel quale il GSE traccia il quadro statistico sulla diffusione dei sistemi in esercizio a livello nazionale

sistemi di teleraffrescamento
via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Sono ancora pochi, anzi pochissimi, ma i sistemi di teleraffrescamento in Italia continuano lentamente ad avanzare. Merito di tecnologie efficienti e della possibilità di sfruttare infrastrutture già esistenti, quelle della controparte calda. Anche per questo motivo gli impianti risultano concentrati per lo più nel nord del paese, Lombardia in primis. A fornire una fotografia del settore è oggi il GSE pubblicando il rapporto “Teleriscaldamento e teleraffrescamento in Italia – Anno 2020“. Il documento, giunto alla quarta edizione, offre un quadro statistico della diffusione nazionale per entrambe le tecnologie.

Lombardia, regina dei sistemi di teleraffrescamento

Sebbene le reti di teleriscaldamento siano oggi ancora largamente prevalenti, negli ultimi anni anche il raffrescamento “sotterraneo” ha iniziato a prendere piede, attraverso due configurazioni:

  • centrale, con impianti di raffrescamento centralizzati e una rete ad acqua fredda separata da quella ad acqua calda che li collega alle utenze; 
  • distribuita, con impianti presso le utenze (gruppi frigoriferi ad assorbimento) connessi alla rete di teleriscaldamento ed alimentati dall’energia termica distribuita dalla rete stessa.

Dal report si evince che nel 2020 erano attivi a livello nazionale 30 sistemi di teleraffrescamento, distribuiti in 9 regioni e province autonome del centro e nord Italia. Per un’estensione totale della rete pari a 32,5 km e una “volumetria raffrescata” di 8,9 milioni di metri cubi. Entrando nel dettaglio territoriale, la Lombardia veste il ruolo di caposcuola con ben 8 sistemi dei 30 totali, associati al 58% dell’estensione complessiva. Seconda in classifica, l’Emilia Romagna che dispone di 7 reti, cui sono associati il 32% dell’estensione.

 Nel complesso, scrive il GSE, “l’energia termica estratta dalle reti italiane di teleraffrescamento nel 2020 si attesta intorno a 123 GWh, di cui il 65% tramite raffrescamento in centrale e il 35% tramite raffrescamento presso le utenze”.

Teleriscaldamento, le fossili dominano il settore

Decisamente più diffusi i sistemi di teleriscaldamento. A fine 2020 risultavano in esercizio in Italia circa 340 reti, per un’estensione complessiva di oltre 5.000 km suddivisa in 280 comuni. Il documento riporta una potenza installata cumulata di 9,8 GW, l’82% della quale alimentata da fonti fossili di potenza installata. “L’incidenza degli impianti alimentati da rinnovabili diminuisce man mano che aumenta la dimensione degli impianti. Nel 2020 l’energia complessivamente immessa nelle reti è pari a circa 11,9 TWh termici (circa 1 Mtep), di cui il 63% prodotta da gas naturale, il 25% da fonti rinnovabili, il restante 12% dalle altre fonti fossili”.