Il primo gennaio 2025 l’Italia dirà addio al Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica (PUN) applicando al suo posto i prezzi zonali. A stabilirlo è stato il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) pubblicando ad aprile 2024 il decreto che disciplina il superamento del PUN per le offerte di acquisto dell’elettricità sul Mercato del Giorno Prima.
Un grande cambiamento per un sistema complesso e, per molti versi, unico come quello nazionale, che oggi lascia aperte alcune incognite. Sia per chi a questo mercato partecipa attivamente comprando o vendendo l’energia, sia ovviamente per i consumatori finali. Ed appare ovvio, dopo ben 20 anni di impiego di questo “strumento”, domandarsi quali effetti avrà un simile intervento sul mercato elettrico all’ingrosso. Ma soprattutto, come potranno mutare i prezzi zonali in vista di tale cambiamento e dell’evolversi del mix e dell’infrastruttura energetica italiana.
In aiuto arriva RSE, Ricerca sul Sistema Energetico dove un gruppo di ricercatrici e ricercatori sta studiando l’impatto del passaggio ai prezzi zonali, considerando anche gli effetti del differente mix energetico di domani e l’evoluzione della rete elettrica e della flessibilità della domanda.
Un’analisi approfondita che aiuta non solo a guardare al futuro ma anche a studiare il passato spiegando cosa sarebbe accaduto sul mercato dell’energia elettrica all’ingrosso se il PUN non ci fosse mai stato. Ma per comprendere a pieno questi impatti è necessario compiere qualche passo indietro.
Le zone del mercato elettrico Italiano
Il sistema elettrico italiano ha un assetto particolare. Mentre nella maggior parte dei paesi europei l’intero territorio nazionale corrisponde ad una singola zona di mercato, per l’Italia il settore è stato modellato fin da subito in diverse zone, ossia aggregati di aree geografiche e virtuali caratterizzate dal medesimo prezzo zonale.
La differenza o meno nel prezzo la fa la capacità di rete o, più precisamente, i vincoli di trasmissione.
Se tra due aree interconnesse lo scambio di energia crea una congestione, ossia satura la capacità di trasporto dell’infrastruttura di trasmissione, nelle due aree si formerà un diverso prezzo di mercato, identificando pertanto zone differenti. La zona esportatrice di energia avrà ovviamente il prezzo più basso, quella importatrice più alto.
In caso contrario, ossia se la capacità di interconnessione tra le aree non rischia la saturazione, quelle stesse aree rientrano nella stessa zona di mercato, identificata dallo stesso prezzo.
Negli anni la configurazione zonale dell’Italia è cambiata in risposta ad una serie di fattori “dinamici”. Dall’evoluzione del parco produttivo, con l’incremento delle rinnovabili e la dismissione di una parte di capacità di generazione termoelettrica, a quella dei grandi centri di domanda, passando per il miglioramento dell’infrastruttura di trasmissione. Ma dal primo gennaio 2021 il mercato risulta composto da sette diverse zone di mercato: Nord, Centro Nord, Centro Sud, Sud, Calabria Sardegna, Sicilia.
PUN (prezzo unico nazionale), cos’è e quali sono gli effetti
Zone a parte, la più grande differenza tra l’Italia e gli altri paesi europei sta nel funzionamento del Mercato del Giorno Prima (MGP), il mercato spot che ospita la maggior parte delle transazioni orarie di vendita e acquisto dell’elettricità all’ingrosso. Perchè? Perché a differenza di quanto accade altrove le offerte di acquisto accettate sull’MPG italiano sono soggette al cosiddetto PUN, il Prezzo Unico Nazionale, nonostante quelle di vendita siano valorizzate al prezzo della zona di riferimento.
In altre parole chi vende lo fa a prezzi differenti a seconda della zona di mercato; chi acquista lo fa allo stesso prezzo indipendentemente dalla zona di appartenenza. Da questo “meccanismo livellante” sono escluse solo le offerte di acquisto dei pompaggi, delle zone estere e di alcuni sistemi di accumulo.
Ma che cos’è realmente il PUN? E perché è stato adottato? Il Gestore del Mercato Elettrico (GME) lo definisce come la media dei prezzi zonali del Mercato del Giorno Prima, ponderata con gli acquisti totali. E al netto degli acquisti dei pompaggi e delle zone estere. Si tratta di un prezzo di acquisto orario ed è stato introdotto nel 2004 con l’avvio stesso del Mercato Elettrico proprio per poter superare le grandi differenze nei prezzi zonali dal punto di vista di chi compra. E in questo modo garantire un maggiore equilibrio nella spesa dei consumatori.
I vantaggi passati
In passato questo approccio ha portato vantaggi innegabili soprattutto per i consumatori di alcune zone di mercato. Il caso più emblematico? Quello della zona Sicilia. A causa di una capacità di interconnessione con la penisola storicamente insufficiente, questa zona di mercato ha visto quasi sempre un prezzo medio annuo nettamente maggiore al PUN e al resto del sistema elettrico. Il record? 3.000 euro/MWh raggiunti alle ore 21 del 21 agosto 2012. Ma focalizzando la lente sul PUN orario si scoprono nei vari anni picchi importanti anche altre zone. E nel 2022, a causa del rialzo dei prezzi del gas, è stata la zona Nord a registrare i prezzi più alti.
La questione non è semplice e va sottolineato come il differenziale nei prezzi sia inevitabilmente cambiato nel tempo con l’evolversi della rete elettrica, del mix di produzione e con i rincari nelle commodity energetiche. Un processo dinamico destinato ad esercitare effetti differenti tra passato e futuro.
Cosa sarebbe successo senza il Prezzo Unico?
Ecco perché RSE ha voluto capire cosa sarebbe accaduto in questi anni senza il PUN. L’analisi ha preso come riferimento il 2019, il 2022 – anno particolare a causa del caro energia – e il 2023 simulando l’andamento del mercato elettrico italiano senza il prezzo unico nazionale dell’energia elettrica, quindi con operazioni basate sui prezzi zonali.
Il team ha potuto evidenziare come senza il vincolo del PUN non solo il prezzo d’acquisto dell’energia sarebbe stato ovviamente diverso ma anche le quantità accettate sarebbero state differenti e di conseguenza i prezzi di vendita. In generale l’assenza del Prezzo Unico Nazionale avrebbe l’effetto di abbassare i prezzi più alti e alzare quelli più bassi. Infatti nel 2019 la Sicilia avrebbe visto un abbassamento dei prezzi, mentre nel 2022 e 2023 a vedere un prezzo inferiore sarebbero stati il Nord e il Centro Nord.
Superamento PUN, il perché della scelta
Al di là degli effetti in questi ultimi anni, il superamento del PUN è divenuto ormai una scelta obbligata. Il 21 febbraio 2015 con l’avvio del market coupling – il meccanismo che integra i mercati elettrici di più paesi europei – il Prezzo Unico italiano è diventato parte integrante del quadro regolatorio comunitario, come uno dei prodotti complessi disponibili sul cosiddetto Single Day Ahead Coupling (SDAC); e il suo calcolo è stato integrato nell’algoritmo Euphemia di risoluzione dello SDAC.
Tuttavia il PUN italiano rimane uno “strumento” unico nel suo genere e per poter armonizzare realmente i mercati elettrici UE, la Commissione europea ha chiesto all’Italia di passare ad un Mercato del Giorno Prima puramente zonale. Una richiesta che il Belpaese ha fatto propria con il decreto legislativo dell’8 novembre 2021, n. 210, recependo diverse norme Ue sul mercato elettrico.
Il primo passo concreto lo ha però compiuto quest’anno il MASE con un decreto ministeriale contenente le condizioni e i criteri per l’applicazione, a decorrere dal 1° gennaio 2025, di prezzi zonali sul mercato elettrico all’ingrosso (DM 18 aprile 2024 in pdf).
L’atto incarica anche l’ARERA di definire un prezzo di riferimento calcolato dal GME in continuità con il calcolo del PUN. Perché? Perché nonostante il suo scopo principale sia la valorizzazione degli acquisti sull’MGP, il PUN rappresenta un riferimento essenziale anche in altri campi del mercato elettrico, come ad esempio nella quotazione dei contratti di lungo termine di energia elettrica. Senza contare che oggi il PUN svolge un ruolo importante anche nell’ambito del mercato al dettaglio (ad esempio per la determinazione dei corrispettivi del servizio a tutele graduali o le offerte PLACET a prezzo variabile).
Tale prezzo continuerà ad essere la media dei prezzi zonali ponderata per le rispettive quantità acquistate. Tuttavia sarà calcolato a consuntivo e non più non più nell’ambito dell’algoritmo di risoluzione del mercato.
L’indice sarà essenziale anche per un altro scopo. Il Decreto ministeriale ha incaricato l’ARERA di definire anche un meccanismo transitorio di perequazione che, fino almeno al 31 dicembre 2025, compenserà l’eventuale differenziale tra i prezzi zonali e il PUN Index GME. Lo strumento è ancora in fase di studio. Al momento l’Authority ha individuato due possibili opzioni (messe in consultazione fino al 1°luglio 2024):
- una componente perequativa applicata agli acquisti sul mercato del giorno prima e gestita dal GME. Questa opzione consentirebbe di “lasciare immutato l’attuale quadro regolatorio del mercato elettrico all’ingrosso” e avere effetti limitati sul mercato al dettaglio.
- una componente perequativa applicata all’energia prelevata gestita da Terna nell’ambito del dispacciamento. La scelta comporterebbe alcune semplificazioni ma obbligherebbe ad applicare il corrispettivo per l’assegnazione della capacità di trasporto anche alle offerte di acquisto rivendendo inoltre i valori delle garanzie nei confronti di GME e Terna. E gli effetti sul mercato al dettaglio sarebbero ben più consistenti.
Superamento PUN, cosa aspettarsi al 2030
In attesa di capire come si definirà nel dettaglio il superamento del PUN a favore di una valorizzazione unicamente a prezzi zonali, RSE ci aiuta a buttare un occhio al futuro. Il gruppo di ricerca ha integrato le ipotesi di evoluzione del sistema elettrico nazionale con l’analisi dei futuri prezzi dell’energia elettrica sul MGP senza il vincolo del PUN. Con due anni target: il 2025 e il 2040.
Va da sé che per la deadline più prossima non sono attesi grandi cambiamenti. Le limitate capacità di interconnessione tra le zone di mercato e la penetrazione disomogenea degli impianti a fonti rinnovabili non programmabili, manterranno i prezzi zonali disallineati e abbastanza in accordo con quanto osservato negli ultimi anni.
Il vero cambio di passo si avrà nel 2030, dal momento che un’ulteriore penetrazione delle rinnovabili, fotovoltaico in primis, assieme ad un aumento della capacità di interconnessione e l’aggiunta dei sistemi di accumulo, si ripercuoterà direttamente sui delta prezzo tra le zone italiane e sulla saturazione dei transiti.
Per questo anno target i ricercatori e le ricercatrici hanno modellato tre scenari legati al superamento PUN. Per ognuno è stato simulato l’effetto di diverse distribuzioni zonali degli impianti fotovoltaici e della loro ripartizione tra sistemi a terra e quelli sugli edifici. Nel dettaglio l’analisi riporta:
- Scenario A: immagina una distribuzione più equilibrata del fotovoltaico tra Nord e Sud Italia e una ripartizione 50 e 50 tra fotovoltaico sul tetto e fotovoltaico a terra.
- Scenario B: basato sulle attuali richieste di connessione alla rete, immagina una distribuzione del fotovoltaico prevalentemente a terra e nel Sud Italia, con un rapporto fotovoltaico sul tetto – fotovoltaico a terra di 31 a 69.
- Scenario C: anche in questo caso la configurazione prevalente è quella a terra ma con una distribuzione tra Nord e Sud equilibrata.
Secondo lo studio RSE lo scenario B potrebbe portare a maggiori differenziali di prezzo tra le zone (circa 25 euro il MWh di differenziale tra Nord e Sud). Nel complesso le zone al Sud, godendo della maggiore penetrazione di rinnovabili, registrerebbero un prezzo minore rispetto alle altre zone al nord in tutti gli scenari.
In collaborazione con RSE