Lo studio di RSE ha analizzato la situazione in una giornata “tipo” – domenica 5 aprile 2020 – confrontandola con passato e futuro
(Rinnovabili.it) – La pandemia di coronavirus ha determinato un declino senza precedenti nella domanda globale di energia. Nel giro di pochi giorni, le misure di blocco applicate per arginare la crisi sanitaria, hanno provocato il più grande impatto energetico degli ultimi 7 decenni. Gli effetti sono stati così intensi da far impallidire persino quelli della crisi finanziaria 2008.
Uno dei cali più vistosi si è registrato in Italia, tra i primi Paesi ad esser colpito duramente dal COVID-19. I dati Terna per il mese di marzo riportano un taglio della domanda di energia elettrica dell’11% su scala nazionale, con picchi record nelle regioni rosse. Solo in Lombardia il calo ha superato addirittura il 15%.
La contrazione dei consumi elettrici può, a prima vista, apparire un elemento positivo, soprattutto se considerate le difficoltà economiche del momento. In realtà ogni brusco cambiamento rappresenta una sfida per la rete elettrica. I motivi alla base di questa sfida e come il sistema elettrico italiano si è trovato ad affrontarla, sono i temi principali del nuovo dossier di RSE. La società ha elaborato una serie di riflessioni in merito agli effetti del lockdown sull’andamento del carico elettrico e delle fonti primarie di energia.
Dal calo della domanda al nuovo mix elettrico
La gestione del sistema elettrico si basa su un puntuale lavoro di previsione della curva di carico. I picchi nella domanda, così come le valli, variano profondamente rispetto le esigenze stagionali, le festività e gli orari della giornata. Prevederli significa trovarsi preparati alle necessità delle rete, diminuendo i rischi. E, come ha spiegato Francesco Sergi, ricercatore del CnrItae durante la presentazione del DossiRSE, “in base a questa previsione si attiva l’offerta dando precedenza alle fonti rinnovabili che, a differenza delle fossili, non comportano costi di alimentazione”.
I cambiamenti improvvisi nella domanda nazionale rendono, ovviamente, questo lavoro molto più difficoltoso.
Un’ulteriore sfida per la gestione del sistema elettrico è arrivata dalla quota energetica verde. Le fonti rinnovabili hanno un costo variabile di produzione molto basso, grazie al quale godono di una priorità di accesso alle rete rispetto gas e carbone. Questo ha fatto sì che, a marzo 2020, le green energy siano arrivate a coprire il 44,8% della produzione nazionale, rispetto il 38,4% di marzo 2019.
In realtà lo spostamento verso le green energy è stato modesto. La produzione rinnovabile netta è, infatti, scesa del 4% rispetto a marzo 2019, a causa del minor apporto di eolico e fotovoltaico. In altre parole la non programmabilità di queste fonti lascia ancora qualche punto scoperto, evidenziando oggi più che mai la necessità di piani nazionali dedicati all’accumulo e all’interconnessione delle reti.
Uno sguardo al futuro 2030 del sistema elettrico italiano
Nel complesso però il sistema ha retto bene, dimostrando un certo grado di flessibilità e resilienza. Ma soprattutto ha dato modo agli esperti di dare un’occhiata nel futuro a medio termine.
Lo studio di RSE ha evidenziato come domenica 5 aprile 2020, la bassa domanda elettrica tipica di una giornata festiva primaverile a cui si sono uniti gli effetti del lockdown, le rinnovabili abbiano dato il meglio di sè. Nel dettaglio le fer, in particolare sole e vento, hanno generato il 70% della produzione complessiva. Contemporaneamente la quota del carbone è risultata particolarmente ridotta, per via della non competitività a rispetto al gas naturale. I numeri di questa giornata campione possono suggerire alcuni spunti su come evolverà il sistema elettrico nei prossimi 10 anni.
“Elevata penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili ed assenza di generazione a carbone sono le caratteristiche peculiari del sistema elettrico nazionale disegnato per il 2030 dallo scenario alla base del Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC)”, spiega Michele Benini, Direttore Dipartimento Sviluppo Sistemi Energetici – “L’evoluzione del sistema verso tale scenario vede quindi una sempre più ridotta quota appannaggio degli impianti di generazione programmabili e rilevanti (ossia di potenza ≥ 10 MVA), attualmente gli unici ad essere abilitati a fornire servizi di dispacciamento per l’esercizio in sicurezza del sistema”.
In questo contesto Benini sottolinea la necessità di ampliare la platea delle risorse abilitate alla fornitura di servizi coinvolgendo in particolare le fer non programmabili, la generazione distribuita, la domanda flessibile ed i sistemi di accumulo elettrochimici. Un obiettivo che è, d’altra parte, anche alla base della riforma delle norme sul dispacciamento avviata da ARERA.
Non solo. Il direttore punta i riflettori anche su un secondo aspetto: il ruolo dei gestori delle reti di distribuzione (DSO) sia come facilitatori per la fornitura di servizi globali, sia come potenziali acquirenti di servizi locali. “In tale contesto, è importante definire efficaci schemi di coordinamento tra TSO e DSO, tema trattato dal progetto europeo SmartNet, a guida RSE, conclusosi lo scorso anno”, ha affermato Benini. “Infine, è necessario valutare se, in un sistema elettrico del futuro così diverso da quello attuale, siano necessari nuovi servizi, in aggiunta od in sostituzione a quelli attuali”.