Flessibilità e storage come alternative alla costruzione di nuove linee: FlexPlan ha sviluppato una nuova metodologia di planning per reti sempre più dipendenti dalle rinnovabili. Obiettivo? Reti più efficienti, riduzione dei costi e dell’impatto ambientale. A coordinare i lavori è RSE, con l’ingegner Gianluigi Migliavacca
(Rinnovabili.it) – Otto Paesi europei, tredici partner tra organizzazioni di ricerca, università e industrie e oltre tre anni di sviluppo nell’ambito del programma di finanziamento Horizon 2020. Sono questi i numeri di FlexPlan, progetto europeo coordinato da RSE a cui partecipano i più importanti operatori di sistema, che si pone l’obiettivo di ottimizzare la rete elettrica del vecchio continente.
Spinti dalle grandi trasformazioni imposte da un lato dalla Transizione ecologica e dall’altro da tensioni geopolitiche, i sistemi energetici nazionali si stanno velocemente trasformando. Cresce in particolare la cosiddetta generazione distribuita, dominata da risorse rinnovabili, definite “non programmabili”, come eolico e fotovoltaico, che rendono l’integrazione con la rete elettrica molto più complessa e incerta.
L’urgenza è oggi quella di trovare soluzioni e metodologie che garantiscano flessibilità alla rete e sicurezza energetica per tutti. “Il progetto FlexPlan va in questa direzione – ci spiega l’ingegner Gianluigi Migliavacca, che con RSE coordina i lavori – e va incontro alla necessità degli operatori di sistema: garantire certezza sul dispacciamento e sulla gestione dei flussi di energia”. Tra i partner principali, TERNA ed ENEL per l’Italia, REN per il Portogallo ed ELES per la Slovenia.
Perché serve flessibilità di rete
È noto: le fonti rinnovabili producono energia abbattendo sensibilmente le emissioni di gas serra, ma la variabilità del loro regime di produzione rende più complesso l’equilibrio tra domanda e offerta di elettricità, finora garantito dalle risorse fossili non più sostenibili in un Pianeta che si scalda di 0.2 °C ogni dieci anni. L’Unione europea ha già compiuto significativi passi avanti: si pensi agli obiettivi ambiziosi di neutralità climatica entro il 2050, così come al target del 32% di energia prodotta da rinnovabili sul totale entro il 2030. Tutto ciò renderà necessario un aggiornamento della rete elettrica continentale: servono tecnologie e infrastrutture di rete che possano garantire la connessione di centinaia di impianti di produzione, dalle grandi centrali alla microgenerazione.
“La sfida è proprio quella di bilanciare la diffusione delle rinnovabili – prosegue Migliavacca – che ovviamente non è uniforme sul territorio europeo: ci sono zone a forte ventosità, altre con elevato irraggiamento solare”. Non solo, perché vanno messi a sistema anche i punti di produzione con i grandi poli di consumo, quali centri abitati o complessi industriali, che spesso si trovano in zone molto distanti. Ma gli investimenti in nuove reti di trasmissione e distribuzione sono considerati estremamente capital intensive, ad alta intensità di capitale, e di lenta realizzazione, a causa delle difficoltà lungo tutto l’iter autorizzativo dei nuovi progetti. Progetti che, talvolta, possono essere osteggiati dalle comunità locali.
FlexPlan, fin dal suo lancio nel 2019, si pone l’obiettivo di sviluppare nuove metodologie di pianificazione della rete, sfruttando la grande flessibilità messa a disposizione dalle Distribuited Energy Resources (DER), ad esempio con l’impiego di sistemi di storage o con soluzioni basate sul Demand Side Management (DSM), ovvero un controllo della domanda incoraggiando i consumatori a modificare schemi di utilizzo e livelli di consumo.
Cos’è FlexPlan
“La tesi del progetto – chiarisce il coordinatore – è proprio che da un lato l’impiego efficiente dell’accumulo e dall’altro l’esercizio flessibile del carico possano localmente compensare le variabilità evitando che i colli di bottiglia (le congestioni di rete n.d.a.), si propaghino e impediscano l’esercizio ottimale”. A fronte di flussi di energia non programmabili, con picchi di produzione seguiti da periodi di valle in cui la rete scarica, si può verificare infatti una congestione della rete con problemi di approvvigionamento. Ed ecco allora l’importanza dell’accumulo come volano energetico in punti strategici per appianare gli squilibri, così come il ruolo fondamentale della DSM.
E quali soluzioni offre FlexPlan? “Ciò che facciamo – risponde Migliavacca – è analizzare per ognuna delle decadi considerate, 2030, 2040 e 2050, uno scenario energetico che è già quello dell’anno target (quindi a forte penetrazione di rinnovabili, n.d.a.), ma con la rete che ancora mostra tutte le congestioni che si creerebbero in quelle condizioni”. Successivamente vengono identificati i colli di bottiglia e le altre problematiche. “Il tool individua quindi i nodi su cui è necessario intervenire e analizza per ognuno la possibilità e la convenienza di costruire nuove linee, implementare lo storage su quelle esistenti, oppure flessibilizzare dei carichi grossi che ci sono in zona”, continua l’ingegnere di RSE.
A questo punto, il metodo di FlexPlan, invece di fare analisi su singoli investimenti considerando il loro beneficio economico rispetto alla situazione “ante”, elabora un set di potenziali candidati all’investimento, individuandone le combinazioni che minimizzino la somma dei cosiddetti CAPEX (la parte di spesa in conto capitale) e degli OPEX (la quota relativa alle spese operative di dispacciamento). “Le analisi costi-benefici integrano anche i fattori ambientali – sottolinea Migliavacca – considerando tre quote di extra costo: il paesaggio, l’impatto sulla qualità dell’aria e poi l’impronta carbonica lungo tutto il ciclo vita dell’infrastruttura di rete”.
In breve, la metodologia sviluppata nell’ambito di FlexPlan mette insieme le migliori soluzioni per un uso efficiente delle reti elettriche senza per forza ricorrere a interventi strutturali sulla rete, “anche in accordo con la Direttiva 944/2019 della Commissione europea, che richiede agli operatori di considerare la flessibilità basata su storage e DSM alla stessa stregua di interventi per la creazione di nuove linee”, nota il capo del progetto.
Sei applicazioni regionali per testare Flex Plan nel mondo reale
Il principio, insomma, è quello ben noto della “minima spesa, massima resa”. Ma l’iniziativa non si ferma qui: FlexPlan analizza anche una rosa di sei case study regionali che coprono la maggior parte del territorio europeo per dimostrare l’efficacia della metodologia a far fronte a tutte le problematiche per i system operator nella realtà. “Abbiamo considerato sei case study suddivisi per macroregioni: Italia, penisola iberica, uno per Francia/Paesi Bassi/Lussemburgo/Belgio, uno per Germania/Austria/Svizzera e poi la regione balcanica e infine i Paesi nordici”.
Dalla pianificazione integrata di distribuzione e trasmissione alle valutazioni di impatto ambientale, dall’analisi della variabilità delle rinnovabili, anche considerando variazioni climatiche annuali, all’impronta carbonica degli interventi. “Pensiamo che i tool elaborati da Flex Plan possano essere impiegati dagli operatori di sistema per svolgere i loro studi di planning sulle reti elettriche. Su richiesta è disponibile una versione di valutazione ed esiste anche una libreria open access scaricabile da GitHub che permette comunque di sviluppare degli studi simili, soluzione ideale per università e centri di ricerca”, conclude Gianluigi Migliavacca.
In collaborazione con RSE