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DL Crescita, spunta l’emendamento che incentiva il termoelettrico

Prevista la remunerazione degli impianti fossili che non riescano a vendere sufficiente energia alla rete a causa della produzione verde. Preoccupata Confindustria

(Rinnovabili.it) – L’apporto del fotovoltaico e delle altri fonti di energia non programmabili alla rete di distribuzione nazionale mette in subbuglio il comparto termoelettrico. Il boom produttivo ed imprevedibile delle green Energy, fotovoltaico in testa, ha portato in questi mesi allo stop a comando di alcune centrali fossili, soprattutto impianti a gas a ciclo combinato, per mantenere gli equilibri nel network elettrico, spingendo le grandi compagnie a tenere alti prezzi dell’energia durante le fasce notturne, per rifarsi del danno economico. Ma c’è già chi corre ai ripari proponendo degli incentivi per i servizi di flessibilità assicurati dagli impianti a ciclo combinato a gas. L’ipotesi è contenuta nell’emendamento presentato al Decreto Cresta dall’ex sottosegretario all’Energia, Stefano Saglia (Pdl) e sottoscritto anche da Pd, Lega e Fli. La modifica, approvata dalle commissioni Finanze e Attività Produttive della Camera, riporta la seguente formulazione:

“Al fine di garantire una maggiore efficienza delle infrastrutture energetiche nazionali e contenere gli oneri indiretti dovuti alla crescita delle fonti rinnovabili non programmabili, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, definisce le modalità per la selezione e remunerazione dei servizi di flessibilità assicurati dagli impianti di produzione abilitati”.

Prende così forma, in anticipo sui tempi, il “capacity payment” definito lo scorso anno dall’AEEG nella delibera ARG/elt 98/11, meccanismo di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva, che impegna i fornitori a garantire una disponibilità di capacità produttiva per quantitativi che il gestore della rete ritenga necessari per evitare deficit di generazione o situazioni critiche. In altre parole si sosterrebbero finanziariamente tali impianti in base alla potenza messa a disposizione e non in base alla produzione effettiva. Le prime critiche all’emendamento arrivano da Confindustria che ha espresso ieri “forte preoccupazione per la misura introdotta” e che a regime potrebbe “innalzare ulteriormente il costo della bolletta energetica italiana per un valore compreso tra i 500 e gli 800 milioni di euro”.