Prevista la remunerazione degli impianti fossili che non riescano a vendere sufficiente energia alla rete a causa della produzione verde. Preoccupata Confindustria
“Al fine di garantire una maggiore efficienza delle infrastrutture energetiche nazionali e contenere gli oneri indiretti dovuti alla crescita delle fonti rinnovabili non programmabili, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, definisce le modalità per la selezione e remunerazione dei servizi di flessibilità assicurati dagli impianti di produzione abilitati”.
Prende così forma, in anticipo sui tempi, il “capacity payment” definito lo scorso anno dall’AEEG nella delibera ARG/elt 98/11, meccanismo di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva, che impegna i fornitori a garantire una disponibilità di capacità produttiva per quantitativi che il gestore della rete ritenga necessari per evitare deficit di generazione o situazioni critiche. In altre parole si sosterrebbero finanziariamente tali impianti in base alla potenza messa a disposizione e non in base alla produzione effettiva. Le prime critiche all’emendamento arrivano da Confindustria che ha espresso ieri “forte preoccupazione per la misura introdotta” e che a regime potrebbe “innalzare ulteriormente il costo della bolletta energetica italiana per un valore compreso tra i 500 e gli 800 milioni di euro”.